ARTE & SALENTO

San Cosimo e Santa Cesarea: pesca baciata dalla fortuna, destinazione Calabria

La Redazione

Intanto a Porto Cesareo, altre due barche, San Cosimo e Santa Cesarea, venute a conoscenza della partenza delle prime tre barche per la Calabria, si preparano anch’esse a partire. L’11 maggio sono già in viaggio. Esse avevano come attrezzo un palamito da fondo e un tramaglio. Dopo otto ore di navigazione, trovano i segnali lasciati dalle barche che avevano buttato le reti e si erano riparate sotto costa.

Misurata la corrente viene buttata in mare la rete mettendosi con la corrente di poppa in modo che al momento della posa in mare l’attrezzo non si aggrovigli, e al momento del recupero non si impigli negli scogli. Dopo aver posto in mare anche il palamito, la San Cosimo e la Santa Cesarea si ancorano sulla secca cosicché i pescatori possono riposarsi e rifocillarsi.

Ricordo come la navigazione, pur se lunga e faticosa, non fu cattiva, stante un mare calmo. E poi, era tanta l’eccitazione per l’esito di questa nuova esperienza. Gli equipaggi delle barche non vedevano l’ora di tirare su gli attrezzi e constatare il risultato. La mattina di buon’ora sulla secca arrivano anche le tre barche che si erano spostate sotto costa. Insieme si inizia il lavoro di recupero delle reti e del palamito.

Agganciata al salpa-reti la prima rete si comincia il recupero e… i pescatori sono a bocca aperta, senza parole per quello che i loro occhi vedono: una moltitudine di pesci e la maggior parte di grossa taglia (triglie da un chilo ed oltre, aragoste fino a 5 kg, scorfani da 2 kg). E cosa ancor più stupefacente, l’enorme varietà come ormai da tempo non si vedeva nella zona di Porto Cesareo, quali palombi, dentici, cernie, lutrini.

Aumenta il numero delle barche che segue la San Cosimo e Santa Cesarea.

La Santa Cesarea, l’unica che aveva il palamito, una volta tiratolo su poteva contare: 14 cernie del peso di 10 – 24 kg, 10 dentici del peso di 5 – 10 kg e altri pesci come gronchi, minchiale (zorbe), murene, dotti. Verso mezzogiorno le cinque barche si accostano tra di loro e scoprono con soddisfazione che per tutte la pesca era stata soddisfacente. Ripuliti gli attrezzi, vengono ributtati in mare per riprenderli prima della notte.

Con un ritmo di due calate al giorno, si va avanti per due giornate sino a che i depositi sono stracolmi e si decide di tornare a casa. Verso le 10:00 del 14 maggio le barche, con in testa la più veloce, si legano una all’altra. In fila indiana riprendono la via del ritorno. Dopo cinque ore di navigazione si scorge la costa e ciò rende tutti più tranquilli.

Arrivati a Porto Cesareo trovano molti altri pescatori curiosi di sapere come è andata, oltre ai pescivendoli che erano pronti ad acquistarne il pesce al prezzo per loro più conveniente. Dopo un giorno di riposo, il 15 maggio otto barche, le precedenti cinque più la Raffaella, Giuseppe Verdi e Garibaldi, alle 10:00 prendono la via della Calabria.

Il nuovo approdo nel porto di Schiavonea.

Arrivati alla secca vengono buttati gli attrezzi e poi si ripara sottocosta, e precisamente a Trebisacce. Qui i pescatori del luogo, non attrezzati come barche per effettuare la pesca sulla secca in quanto tecnicamente più indietro rispetto ai nostri mezzi, dicono che si può sostare nel porto di Schiavonea. Questo porta tranquillità perché in sole due ore di navigazione si può raggiungere, dalla secca, un posto dove riposare.

Inoltre si ha la possibilità di spedire il pesce pescato in giornata a Porto Cesareo, avendo così il vantaggio di poter lavorare più giorni consecutivi. Oltre alle specie citate prima, in questa seconda tornata compaiono anche le ricciole dal peso fino ai 30 kg, e i dotti dal peso fino ai 50 kg. Generalmente il pescato si suddivideva in 50% di varietà pregiata e l’altro 50% di varietà normale.

Col passare del tempo aumenta il numero delle barche impegnate all’Amendolara, così come aumenta il periodo di pesca in tale zona.

Tratto dal libro “La salsedine ha solcato il mio cuore” di Antonio Durante.

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