ARTE & SALENTO

Nuovi strumenti nautici e ricerca ad Amendolara: tre barche cesarine in esplorazione

La Redazione

Nel 1972 due nuovi strumenti nautici equipaggiano le nostre barche: la bussola e la carta nautica. Con tali strumenti la navigazione è molto più sicura ed inoltre le secche, che sono i punti di maggiore pescosità, sono più facilmente individuabili. Inoltre, sulle barche fanno capolino i primi apparecchi radio – Rice – trasmittenti (comunemente chiamati CB), con un raggio d’azione dell’ordine dei 30 km.

Malgrado l’avanzamento tecnologico, alcune operazioni specifiche, quali la misura della profondità marina e l’intensità e la direzione della corrente, venivano effettuate manualmente. In effetti erano già utilizzate nel 1970, anche se il loro uso era saltuario e non propriamente finalizzato alla pesca.

Se per la misura della profondità tutto era relativamente semplice (bastava legare un peso ad un filo e farlo scendere fino in fondo), per la misura della corrente occorreva anche una certa esperienza. Ecco descritta l’operazione: legato un peso ad un filo di nylon lo si buttava in mare fino a fargli toccare il fondo. A pelo d’acqua si legava al filo un piccolo galleggiante seguito da altri 3 metri di filo e da un galleggiante più grande. L’intensità veniva determinata dall’affondamento di uno o tutti e due i galleggianti. La sua direzione invece era determinata dalla scia lasciata da una manciata di sabbia buttata in mare.

Parallelamente ai nuovi strumenti nautici parte una nuova avventura lavorativa.

Studiando la carta nautica i nostri pescatori vengono a conoscenza di una secca esistente sul mare di Amendolara (nei pressi di Schiavonea e precisamente nella zona di Trebisacce in Calabria). Descriviamo quindi, con dovizia di particolari, perché vissuta in prima persona, l’inizio dell’avventura calabrese. Tre barche, Eleanna, Padre Umile e Diana, il 10 maggio 1973 dopo aver fatto rifornimento di viveri e carburante, tenendo segreta agli altri pescatori la nuova destinazione, partono alle 22:00. Dopo aver ascoltato il bollettino nautico, partono per la Calabria avendo come unico attrezzo di pesca il tramaglio.

Dopo una giornata di ricerca della zona indicata dalla carta nautica, verso il tramonto, le tre barche riescono a trovare la secca. Misurata subito la profondità dell’acqua e posto sulla superficie un segnale galleggiante (una canna alta 3 – 4 metri con sopra una bandiera rosso o nera, che sono i colori più visibili sulla superficie del mare), i pescatori controllato l’andamento basso del fondale cominciano a buttare le prime reti.

Terminata tale operazione si spostano sotto costa e, dopo aver ancorato le barche, si mettono a cenare e dopo a riposare. A proposito di cena, la zuppa tradizionale del pescatore veniva chiamata Quataru ed era preparata con olio, cipolla, pomodori, acqua e vari tipi di pesce.

Tratto dal libro “La salsedine ha solcato il mio cuore” di Antonio Durante.

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