Castello di Acaya: la storia e la scoperta della “Dormitio Virginis”, durante l’opera di restauro
La Redazione
Il castello di Acaya, frazione di Vernole, fu costruito nel 1506 dal signore del luogo Alfonso Acaya. Il paese, che si denominava Segìne, assunse l’attuale nome nel 1535. Fu Gian Giacomo, figlio di Alfonso dell’Acaya, che fortificò il luogo cingendolo di mura, e munì il castello di baluardi, bastioni e fossato. Opera possente e avanzata nell’ambito delle tecniche militari dell’epoca, questo castello ha pianta trapezoidale.
Per molti anni ha versato nell’abbandono e nel degrado, prima del recente restauro. Esso ne ha reso possibile il recupero di scoperte particolari, come la “Dormitio Virginis” nel 2001, collocabile alla seconda metà del ‘300, la quale si estende circa quattro metri per tre. Oltretutto nel passato l’attacco del 1714 operato dai turchi e la realizzazione con pietra leccese di grana molto fine, ha notevolmente lasciato spazio alle offese degli agenti atmosferici.
Gian Giacomo dell’Acaya, che realizzò pure il castello di Lecce, la cinta muraria di Crotone e la fortezza di San Elmo, presso Napoli, fece di questo castello un’opera idonea a respingere qualsiasi attacco nemico. In particolare nel fronteggiare le insidie di chi proveniva dal mare. A tal proposito occorre notare che il castello si raccordava strategicamente con Torre San Cataldo e con Torre Specchia Ruggeri, in un’area a triangolo isoscele di 9 km base (costa marina) e di 6,5 km gli altri due lati.
L’accesso all’interno del castello e i motivi decorativi.
Un’altra linea di difesa era costituita pressappoco lungo la mediana, dalle masserie fortificate Avarella e Cesine. Due torrioni cilindrici sorgono ai due spigoli di nord – est e di sud – ovest. Essi hanno pari altezza alle cortine e sono ornati da archetti e beccatelli. L’angolo di sud – est è munito di un possente baluardo assai appuntito, proteso verso il mare e le zone acquitrinose.
Agli ambienti del piano superiore si accede tramite una scala muraria che parte dal vasto cortile. Tali ambienti, da cui si aprono finestre, saettiere e cannoniere, conservano ancora ricchi motivi decorativi di gusto naturalistico. Ripercorsa la via che dalla litoranea ci ha condotto ad Acaya, nuovamente costeggeremo la marina adriatica per incontrare le altre torri che si scorgono.
Fonte: “Torri e Castelli del Salento” di Mario De Marco