In mare col vento forza 7: errore di valutazione a lieto fine
La Redazione
Del periodo di pesca all’Amendolara, sarebbero numerosi i momenti, belli e meno belli, che varrebbe la pena di raccontare. Ho scelto un episodio, vissuto in prima persona, che mi sembra emblematico per apprezzare, malgrado tutto, l’amore del pescatore nei confronti del mare e della sua professione. Ricordo che in quel periodo (1977) le nostre barche facevano sosta nel porto di Schiavona, per tutto il periodo di pesca sulla secca corallina.
“Sono le quattro del mattino quando la sveglia ci dice che è ora di preparare le nostre barche e andare a recuperare le reti, calate il giorno prima. Uscendo dal porto, nessuno si preoccupa di ascoltare il bollettino nautico in quanto, in base alla nostra esperienza, nulla fa presagire un radicale cambiamento delle condizioni atmosferiche, che in quel momento erano ottime.
Dopo circa due ore di navigazione avvistiamo le reti ed inizia il nostro lavoro, con il mare che sembra una pista di pattinaggio. Verso mezzogiorno, dopo aver tirato – pulito e ributtato in mare le reti, le prime barche riprendono la strada del ritorno e, cammin facendo, incontrano un vento di nord – ovest di intensità sempre crescente.
E’ il primo pomeriggio quando il mare e il vento forza 7 scatenano la loro furia.
Sono le due del pomeriggio quando le ultime barche, finito il loro lavoro, puntano verso Schiavonea trovandosi in un batter d’occhio, in un’autentica bolgia infernale. Il mare forza 7 ed il vento impetuoso non permette alle nostre barche di navigare con la prua sull’onda anzi, urtando continuamente contro le onde, la barca si infila continuamente nella loro scia.
La paura ci assale e ci si guarda negli occhi, tra il sorriso e il pianto, per farci coraggio senza pensare alle nostre famiglie, evitando il panico, cercando di rimanere freddi e calmi per capire quale sia la navigazione più intelligente da fare, e … confidando in Dio e nella Madonna del Perpetuo Soccorso, nostra protettrice.
Dopo sei interminabili ore, quando abitualmente ne occorrono due, rientriamo in porto. Solo allora i nostri duri volti, mangiati dal sole e dalla salsedine, vengono rigati da calde lacrime e, appena sbarcati, ci inginocchiamo a baciar la terra in un gesto di ringraziamento. Solo chi ha veramente vissuto tali momenti può capire la spontaneità, l’umiltà e il significato profondo di tale gesto”.
Tratto dal libro “La salsedine ha solcato il mio cuore” di Antonio Durante.