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Porto Cesareo nel ‘500, le torri, i primi casotti, commercio marittimo

a cura di Salvatore Muci – Foto di copertina datata 1987, tratta da “Porto Cesareo come eravamo”

Il 15 novembre 1501 si stipulò in Taranto dal re Federico d’Aragona al Gran Capitano Consalvo de Cordoba, l’atto di concessione a favore di Belisario Acquaviva d’Aragona duca di Nardò. Nelle città e feudi trattati negli studi di storia giuridica e istituzionale pugliese, secondo gli studiosi in materia, il feudo di Pescaria non aveva un’estesa consistenza territoriale, ma solo il peso della decima sulla pesca che era in feudo alla famiglia Acquaviva.

Le proprietà limitrofe al feudo, quelle di pertinenza ai Sambiasi e ai Massa, entrambe famiglie baronali di Nardò, risultavano con molta evidenza di una consistenza territoriale più estesa. In quel periodo, testimonianze sul commercio marittimo nel porto di Cesaria, le rinveniamo da fonti d’archivio. Barconi da Taranto, carichi di legname, approdavano sino al porto di Cesarea, per caricarli poi su carri che partivano per la vicina Leverano.

Nell’anno 1570 si ultimò Torre di Cesarea, impiantata su scogli taglienti e accidentati, tra giunchi sorti tra le paludi. Divenne l’ostacolo per imbarcazioni di pirati; fuste, tartane, circasse e galee. Nei pressi del maniero, pescatori provenienti dalla lontana Taranto impiantarono casotti di legno. In essi, al ritorno dalle loro giornaliere fatiche marinare, potevano ricoverarsi con tranquillità, per potersi cibare e riposare.

Porto Cesareo nel ‘500: cambio mastro nella costruzione della torre.

Anche per le altre torri limitrofe vale lo stesso discorso. Chianca, Lapillo e Castiglione si impiantarono per gli stessi motivi, ovvero per la difesa del territorio interno e della costa dagli ottomani. Sia l’università di Leverano che quella di Veglie, comandate dall’autorità spagnola, contribuirono nel tutto alla costruzione di tali fabbriche. Testimonianza di ciò si trova in molta documentazione archivistica, come quando alcuni mastri falegnami leveranesi su incarico appunto dell’università leveranese, giunsero sino alla torre di Cesaria, a portare le ruote per i cannoni e casse che potevano contenere palle d’artiglieria. Il pagamento dovuto era su mandato degli auditori ed eletti leveranesi.

Da quando cominciavano i lavori sino al termine, per tutte valeva un anno di tempo. Dunque già nell’anno 1569, dovevano essere già consegnate dall’ingegnere capo di tutte le costruzioni, Giovanni Tommaso Scala al comandante ispanico del posto. Le suddette nomine erano su incarico del Viceré spagnolo Don Parafau de Ribera, in Napoli nell’anno 1568.

Ugual discorso era per la torre di Squillace o degli Scianuri, i cui lavori si terminarono negli stessi tempi di quella di Cesaria. La contribuzione dei lavori era a carico dell’università di Copertino, di cui era anche capo mastro, Bernardino Tarantino, il quale ultimò anche i lavori di quella di Cesaria, dove sostituì il neretino mastro Virgilio Pugliese, deceduto dopo che già gli erano stati assegnati i lavori di costruzione della torre di Porto Cesareo nel ‘500.

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