TERRA NOSCIA

Pignata di fave secche con la buccia, simbolo della tradizione contadina

a cura di Massimo Peluso

Ci sono quelle ricette che non hanno tempo, a volte poco considerate, verso cui spesso si torce il naso. Esse però rappresentano in toto, la storia e la tradizione del Salento, oltre che dell’Italia Meridionale. Tra queste pietanze intramontabili, vi è senza alcuna esitazione la pignata di fave secche, chiamate anche fae nere cu li scorze (fave nere con la buccia) nel nostro territorio. Oppure fave secche a cunigghiu (coniglio) nel palermitano e ne vedremo anche il perché successivamente, di tale denominazione.

Si tratta di un pasto molto salutare, che purtroppo si è smaterializzato dalle nostre tavole ed anche dai menù delle trattorie tipiche popolari. Infatti, se le fave sbucciate con le cicorie hanno avuto un buon risalto negli ultimi anni e spesso è possibile ritrovarle anche in alcuni ristoranti e riscontrano un buon successo sia turistico, sia da parte dei più piccoli, lo stesso non può dirsi delle fave secche con la buccia.

Certo, l’aspetto visivo ed il sapore consistente e deciso, non contribuiscono a renderlo molto popolare. E’ in parte considerato un gusto antico e passato della tradizione contadina, nei periodi in cui si faceva fatica a tirare avanti, nonostante fosse una vita più sana e sociale rispetto a quella odierna. Nei racconti dei nostri nonni, non solo di coloro che hanno dedicato la propria esistenza a lavorare la terra, ma pure dei pescatori, si ricordano con molto affetto quei pranzi o quelle cene povere, dove si condivideva il piatto unico in tutti i sensi.

Infatti, era sovente l’usanza di condividere con gli altri commensali lo scodellone di fave nere a pignatu, tutti seduti intorno ad un vecchio tavolo in legno sgangherato, senza l’utilizzo di posate. Succedeva così, che allungando le mani ognuno prendeva una fava. Solitamente qualcuno poco amante della buccia gli dava un taglio con i denti per far sgusciare fuori la parte interna del seme, ossia i cotiledoni. Da qui, i siciliani hanno dato alla ricetta il nome di fave secche a cunigghiu, proprio per il modo di mangiarle simile a questi simpatici mammiferi.

Pignata di fave secche con la buccia: la nostra ricetta.

Non era raro addirittura, che le fave secche costituissero l’unica pietanza dell’intera giornata. E dopo, si riscaldavano velocemente sul fuoco al ritorno dal lavoro per cena, accompagnate da un bicchiere di vino. Questo contributiva a rendere più calde e piacevoli le sere d’inverno, scambiando due chiacchiere sulla pesante giornata lavorativa appena passata.

Parlando dei valori nutrizionali, le fave sono davvero una miniera di benefici. Innanzitutto, non conviene fare l’errore di non mangiare la buccia. Essa è ricchissima di fibre che contribuiscono all’attività digestiva, al rallentamento dell’assorbimento nel sangue degli zuccheri ed a contrastare l’accumulo di placca sui denti durante la masticazione. Per non parlare della presenza importante di calcio, magnesio, ferro e proteine nobili, oltre che dei benefici nel controllo del colesterolo e della glicemia.

La preparazione del piatto non è complicata, ma è bene avere delle accortezze affinché le fave si cuociano. La sera prima, bisogna sfregarle qualche minuto con del sale grosso e metterle a bagno completamente immerse in acqua tiepida. Il giorno dopo, si cambia acqua con dell’altra tiepida e si aggiunge il sale, iniziando a fuoco lento la cottura per oltre un’ora. In questa fase la pignata non va girata, altrimenti le fave rimarranno dure.

Dopo si aggiungeranno sedano, cipolle, porro, pomodori ed olio, continuando a fuoco lento la cottura almeno un’altra mezz’ora, aggiustando di sale. Il nostro piatto è pronto: una fetta di pane di grano e del buon vino saranno i compagni ideali, per ricordare il gusto del passato.

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