FOCUS MUSICALE

Bob Dylan, versi e musica per generazioni diverse

a cura di Dario Dell’Atti

Diversamente da quanto si pensa Robert Allen Zimmerman (in arte Bob Dylan), non nasce come poeta o come o folksinger, ma come tutti i cantanti della sua generazione (pensiamo a Elvis), il suo primo amore è il rock. Dalle palestre dei licei fino ai primi club di Hibbing Minnesota, Bob Dylan suonava ‘rock and roll’ picchiando sui tasti di un piano forte, mischiando rhythm’n’blues e musica afro – americana. La cittadina di Hibbing immersa nelle vallate verdi del Midwest è piccola e isolata, la radio consumata a suon di country e blues al giovane musicista non basta, e ottenuto il diploma scappa via, prima a Minneapolis e poi a Central City vicino Denver dove viene ingaggiato come musicista in un bar.

È qui che incontra il mentore, figura fondamentale per la sua carriera artistica e non, Woodie Guthrie. Da lui il giovane Bob prende tutto: ne imitò il modo di scrivere, lo stile interpretativo, compositivo, ne fece in breve il suo modello. Fu lui a introdurlo nella comunità musicale di Denver e a prepararlo all’impatto con la Grande Mela. A New York scriverà il suo primo album “Bob Dylan” in gran parte costituito da riletture di vecchi pezzi blues e folk ad eccezione di Talkin New York e Song to Woody. Ma è sotto la guida del manager John Hammond che produrrà l’album fondamentale per la sua carriera: “The Freewheelin Bob Dylan”.

Non mancano album spirituali e altri oggetto di critica.

La canzone che apre l’album è la stupenda Blowin in the wind e tutti i pezzi sono fortemente condizionati dal preludio del conflitto in Vietnam. Sono anni d’oro per il cantautore, che nel 1963 dà alle stampe “The times they are a changin”, raggiungendo così il culmine della popolarità negli ambienti progressisti americani. Due anni dopo, per fuggire l’etichetta di cantautore politico, compone altri pezzi più letterari in cui prende le distanze dal passato folk, a favore di scelte più orientate verso il rock pop.

E con l’album “Highway 61 revisited” (1965), trainato da, Like a rolling stone, e successivamente con l’album “Blonde on blonde” (1966), scriverà la storia del rock. Ormai in cima alle classifiche mondiali il giovane Bob in seguito a un brutto incidente stradale si avvicina a una visione più spirituale della vita. Influenzato dalle sacre scritture produrrà “John Wesley Harding” (1967). Diversi saranno poi gli album seguenti a detta dei critici altalenanti: da “Self portrait” (1970), fino a “Desire” (1976), con la magica canzone Hurricane, sul caso del pugile di colore Rubin ‘Hurricane’ Carter, ingiustamente accusato di un omicidio.

Possiamo considerare Bob Dylan come un menestrello solo inizialmente, portavoce delle esigenze di alcune generazioni di fine anni ‘60. Il genio americano ha saputo emanciparsi dai limiti della canzone impegnata, creando un messaggio nuovo e denso di contenuti letterari, esaltando il verso poetico e mettendolo al centro dell’attenzione su basi rock capaci di coinvolgere tutte le generazioni, confermandosi uno dei più grandi musicisti del ‘900.

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