Storie di mare: Antimo Rizzello e l’incontro con un’enorme balena
a cura di Raffaele Colelli
Prima di essere stato per lungo tempo un ristoratore, e aver avuto il merito di mettere su con enormi sacrifici il mitico ristorante-pizzeria “Da Antimo”, sono stato e sono e sempre sarò un pescatore, per la sola ragione che pescatori si resta per tutta la vita. Come promesso, tempo fa al mio amico Raffaele, ho il piacere di raccontarvi alcune delle mie fantastiche storie di mare. Ero molto giovane, avevo all’incirca 24 anni e già possedevo una barca a vela. In quei tempi nessuna imbarcazione era motorizzata. La rigida stagione invernale stava per lasciare il posto a quella decisamente più mite.
Se ben ricordo erano le quattro o le cinque del mattino. Non c’era nemmeno un filo di vento e si presentava una bonaccia eccezionale, tanto che il mare sembrava immobile come uno specchio. Così imbarcai Pippi e insieme decidemmo di uscire in mare e calare “lu cuenzu”, un palamito formato da duecento ami stipati in una cesta di vimini per la pesca di prima qualità, di pesci come saraghi, lutrini, pizzute ecc.
Eravamo in alto mare all’altezza tra Porto Cesareo e Gallipoli, a circa quindici miglia di distanza. Avevamo lasciato il primo taglio per il secondo taglio superando la linea batimetrica che indicava lo scalone e quindi la profondità delle acque. Nel frattempo e per fortuna la pesca stava promettendo bene, molto più del previsto. Pensate che a ogni amo un pesce! Ma appena giunti sul secondo scalone ci giunse un fischio particolare e mai sentito in vita nostra. Un beee continuo e prolungato che si faceva sempre più acuto e fastidioso.
Storie di mare: sprint finale a suon di remate per sfuggire al pericolo.
In un primo momento abbiamo pensato che potesse provenire dalle sirene delle navi che giungevano da Gallipoli, e che spesso in quel tratto era facile incontrare, ma scrutando l’orizzonte non avvistammo alcun naviglio al largo. Eravamo così lontani dalla costa che Porto Cesareo non era più visibile e incitavo il mio compagno con vigorosi “Pippi dai! Pippi dai!” a remare e sincronizzare le sue remate con le mie, per poter mantenere ritta la rotta.
Quel beee…beee si faceva sempre più perforante per le nostre orecchie. Notammo il mare ribollire appena qualche metro dalla murata della mia barca: un branco di tonni seguivano la mangianza composta da milioni e milioni di sciascianielli (piccolissimi pesci bianchi). All’improvviso però, quando un grosso pesce lungo pressappoco 25 metri e a cinquanta metri da noi ci puntò contro, pensavamo di essere spacciati. “Mamma mia, Taja, taja, Antimo, taja lu filu ti lu cuenzu” (taglia, taglia, il filo del palamito), Pippi urlò sulla mia faccia con tutto il fiato che aveva in corpo.
In un attimo lo assalì la forza della paura tanto che si mise a remare come non mai, così velocemente che in quella circostanza fui costretto a gridargli dietro “Chianu Pippi, chianu Pippi” (piano Pippi, piano Pippi). E nonostante alzai la vela a favore di un leggero vento di scirocco, lui caparbio continuava a remare come un pazzo. Ma appena l’enorme pesce emerse dall’acqua, tirò fuori dal centro del suo testone un potente getto d’acqua altissimo.
Allora capii che era una balena e che non ce l’aveva con noi, ma era a caccia e stava seguendo l’ampia chiazza di pesciolini bianchi per poter mangiare. Pippi giurò che non avrebbe mai messo più piede su una barca. Effettivamente fu di parola, andò a fare il cameriere in un ristorante per il resto della sua vita.