Gioco della Campana o la Staccia, poi panino e mortadella: c’era una volta…
La Redazione
Probabilmente ai ragazzi delle nuove generazioni sarà un argomento sconosciuto. Noi più grandi ci abbiamo passato interi pomeriggi, spesso sere d’estate vicino casa delle nostre nonne. Infondo il gioco della Campana in italiano, “La Staccia” nel gergo salentino era sicuramente tra i più gettonati, ed ha resistito al cambio generazionale sino agli inizi degli anni ’90. Veniva praticato da ragazzi di entrambi i sessi.
Per svolgerlo occorreva tracciare per terra, in uno spiazzo appartato, con un gessetto o con un pezzo di carbone, un rettangolo dalle dimensioni di 4 metri di lunghezza e 2 di larghezza, all’incirca. Poi veniva diviso in due parti perpendicolarmente e in quattro parti orizzontalmente, in modo da far risultare otto quadrati uguali. Il gioco della Campana si poteva eseguire individualmente, ma di solito era in competizione tra due o più partecipanti.
Gioco della Campana: come metterlo in pratica.
Per svolgerlo occorreva servirsi di una piastrina di metallo, che poteva essere una grossa moneta antica, oppure un coccio di terracotta di forma quadrata o circolare di lato o di diametro. Il concorrente a la concorrente, stando davanti alla base della Campana, che era uno dei lati corti del rettangolo, lanciava con garbo la piastrina nel primo quadrato di destra, poi vi entrava saltellando su di una sola gamba, raccoglieva con la mano la piastrina e, senza posare l’altro piede per terra, si voltava all’indietro e ritornava saltellando al posto di partenza.
La stessa operazione ripeteva poi nel secondo quadrato, poi nel terzo, ed ancora nel quarto. Fatto ciò, passava ad affrontare quelli di sinistra iniziando dall’alto e terminava l’impresa nel primo quadrato sinistro. Il giocatore che riusciva a non commettere nessun errore vinceva la competizione della Campana. Ora spiegato il gioco, magari vi sarà venuta voglia di provarlo. Ed allora ragazzi chiedete aiuto ai vostri genitori o ai vostri nonni, provando anche voi l’ebrezza di un gioco all’apparenza semplice, ma che ha segnato l’infanzia di molti che oggi sono adulti.
E finito di giocare un bel panino e mortadella!
Io desideravo mangiarlo a qualsiasi ora del giorno. Non faceva male e non faceva ingrassare. Non faceva ammalare e non faceva angosciare. Quel meraviglioso panino tra le mani, imbottito con solo due sostanziose fette di mortadella, si mordeva con felicità, a cielo aperto, mentre si cercavano sfoghi ricreativi, senza distinzione di sesso. Si condivideva una bibita con gli amichetti, bevendo nella stessa bottiglia senza timore di mettere a rischio la propria salute.
Si giocava a rincorrersi, nascondersi, correre a guardie e ladri, e ancora saltare con un solo piede mantenendosi in equilibrio alla corda; si trattava di educazione fisica ed allenamento naturale. Oggi il verde è più regolamentato per i bambini, perché troppo chiassosi, troppe risa, troppo tutto e poi si aggiunga l’apprensione delle mamme. I bambini hanno più giochi da fare in casa, seduti sul divano per ore ed ore che creano tanti problemi di postura, cecità e obesità in nome di qualsiasi tipo di passatempo virtuale.
Anch’io facevo a volte giochi statici; tuttavia erano pur sempre divertimenti inventati e ciò sviluppava la fantasia. Adesso le nostre città hanno cambiato il volto, vi sono meno spazi liberi. Non possiamo meravigliarci se i nostri figli sono incapaci di saltare una siepe. I ragazzini di un tempo possedevano un qualcosa che i nostri figli non hanno più: scorrazzare in tre sopra una bici o arrampicarsi sull’albero di ciliegio in cinque. E non si andava mai dal dietologo per seri problemi di sovrappeso.
Tratto da “Amarcord Salentino – Usi e Costumi d’altri tempi”.