Roberto 55: lettera aperta ad un caro amico, uno di noi
a cura di Raffaele Colelli
Lui è Roberto, uno di noi. Un ragazzo del ’55, una persona eccezionale e cercherò in poche righe di raccontare la sua storia e di ricordarlo. Di farlo conoscere a chi non ha avuto il privilegio e il piacere di sapere di lui, in modo particolare alle nuove generazioni. Sperando che in molti leggeranno il mio articolo, lo farò con una lettera aperta, una forma diretta e più congeniale per un amico vero che ha condiviso con me buona parte della sua pur breve esistenza.
Porto Cesareo, 17 agosto – In memoria di Roberto 55
Ciao caro amico Roberto,
questa mattina, appena un paio d’ore fa, mi sono incontrato con tuo fratello maggiore Giuseppino. Sinceramente non è stato un incontro fortuito, ma era stato programmato, dopo esserci scambiati i rispettivi numeri di telefono, da circa una settimana. Come ben sai, scrivo su ECCLESIA Cesarina, il giornale diretto da Alessio Peluso. Egli mi aveva proposto di stilare un articolo su di te ed ho accettato con grande entusiasmo e un pizzico di commozione.
Le 9:00 del mattino, appena sveglio, il suono incessante del mio cellulare che squillava da alcuni minuti. Sul display lampeggiava il nome di tuo fratello Giuseppino che mi confermava il sospirato appuntamento. Eravamo accomodati intorno al tavolino di un bar, tra l’altro pieno zeppo di turisti visto il periodo. Uno di fronte all’altro mentre due tazze di caffè nero fumante cercavano di darci la necessaria energia e migliorare le nostre funzioni celebrali, ancora non del tutto reattive.
Così ho avviato il registratore dal mio telefonino. Subito dopo, tuo fratello, con il suo faccino pulito da eterno bambino, il sorriso lieve e delicato e con modi gentili e delicati e infinita emozione mi ha parlato di te. Di argomenti che non sapevo e di altri che già sapevo e che mi ha confermato. Ad esempio sapevo e lo ricordo molto bene che eri di una bellezza disarmante, come si suol dire un bel ragazzo. E non passavi certo indifferente tra la gioventù femminile di quei tempi.
Forse per questo, nonostante la tua notevole capacità di apprendimento e una spiccata dose di intelligenza hai a un certo punto, e a malincuore, trascurato la scuola che poi hai concluso in un altro modo ottenendo l’ambito pezzo di carta. Il sospirato diploma di perito in altra sede e in tempi differenti. Insomma riuscivi sempre a metterci una pezza, come si dice nel gergo calcistico, a salvarti in calcio d’angolo.
E qui il sorriso di tuo fratello Giuseppino si è riempito di dolcezza ricordando che in fondo nonostante tutto, restavi un ragazzo simpaticissimo. Con la tua innata ironia riuscivi a farti perdonare qualche tua mancanza. E così, come un segno del destino, come se tutto era ormai stato scritto chissà dove, abbandonata la scuola ti catapultasti nel campo commerciale.
La nascita di “Tutto Sport da Roberto”, gli inizi dell’avventura commerciale.
Apristi il tuo piccolo negozio: era davvero un buco con articoli sportivi, dove in alto all’ingresso capeggiava una grande insegna “Tutto Sport da Roberto”. Ed è stato qui che hai fatto valere evidenziando in modo assoluto le tue infinite capacità di stratega, capace di assumere decisioni più congrue per una migliore riuscita negli affari.
Per questo, decisione dopo decisione, giorno dopo giorno, anno dopo anno, il tuo piccolo buco commerciale è diventato un gran bel negozio, con una locazione molto più ampia e un’offerta commerciale più vasta. Una gran bella realtà divenuta una vera e propria istituzione, un fiore all’occhiello del nostro paese. Così avevi pensato bene di sostituire la vecchia insegna con una più moderna e luminosa: Roberto 55. Così evidenziavi in modo inequivocabile il tuo nome e il tuo anno di nascita.
Giustamente orgoglioso delle tue capacità dimostrate con gli anni, tuo fratello Giuseppino continuava sempre pacatamente a parlarmi di te, mentre gran parte dei tavolini occupati dai turisti erano rimasti vuoti come le nostre due tazzine di caffè. Intanto una cameriera educata si prestava a portarle via chiedendoci se fosse stato di nostro gradimento.
Ormai caro Roberto, la tua vita scorreva nel migliore dei modi, il negozio andava a gonfie vele. Tre figli maschi quali Luca, Andrea e Francesco che adoravi in modo sviscerato e la dolcezza di tua moglie Lucia che ti affiancava nel lavoro insieme a Concetta, la commessa di una vita, brava, competente e tanto professionale.
Roberto 55: la panchina politica di corso Garibaldi.
Vicino al tuo negozio, subito dopo il marciapiede e frontale alla porta d’ingresso c’è ancora la piccola panchina in ferro battuto che porge lo schienale ai numerosi passanti di corso Garibaldi. Spesso passavo di lì e volentieri mi soffermavo quando succedeva e questo succedeva spesso, era occupata gomito a gomito da tutti voi tre fratelli.
Tu con il solito quotidiano La Repubblica al posto dell’Unità che dopo diversi anni, era stata costretta a chiudere i battenti con tuo grande rammarico. Maurizio tuo fratello minore, con Il Sole 24 ore arrotolato sotto il braccio e Giuseppino che spesso si poneva in mezzo a voi due, essendo il maggiore. Sembrava fare il paciere bonario quando discutevate di politica, chiaramente ognuno con le proprie opinioni che a dire il vero quasi sempre combaciavano.
Ma spesso e volentieri quella panchina era anche diventata il ritrovo naturale di molti dei tuoi amici. Li sapevi intrattenere con le tue mitiche battute sempre opportune, bonarie e intelligenti seguite da sonore e corpose risate. Quando poi a un certo punto del racconto e ancora accomodati alle nostre sedie quasi comode del bar, mentre un venticello gradevole rinfrescava le nostre schiene sudate, gli occhi di Giuseppino si sono liquefatti e una lacrima, fuori da ogni controllo, gli è scivolata via rigandogli una guancia arrossata.
Era giunto il momento più triste, quello più difficile da affrontare. Mi stava parlando con un filo di voce del tuo calvario, della tua salute che un destino avverso, spregiudicato e cieco, aveva deciso arbitrariamente e a tutti i costi di sgretolare. Con il tuo carattere forte e l’infinita voglia di vivere molte battaglie contro le avversità le hai vinte. Tutti noi eravamo convinti che ne saresti uscito vittorioso, come sempre era accaduto in passato. Nessuno di noi si aspettava un epilogo così tragico e doloroso.
Roberto 55 ed una particolare promessa.
E pensare che ti era rimasto solo l’ultimo, dopo tanti ostacoli, da superare. Ora mio caro amico è giunto il momento di confidarti un peso che da tempo porto chiuso nel mio cuore e che vorrei in un certo modo espellerlo e chiederti pubblicamente scusa. L’ultima volta che ti ho visto, dieci giorni prima della tua dipartita, stavi per scendere dalla tua macchina appena parcheggiata rasente al marciapiede del negozio.
Eri sorretto dai tuoi tre figli, mentre Lucia stava al tuo fianco: ho capito da subito che non stavi tanto bene. Nessuno di voi si era accorto della mia presenza e ne ho approfittato per girare il capo dall’altra parte, non ti ho salutato, vigliaccamente non ho avuto il coraggio di farlo, era straziante vederti in quelle condizioni. Credo di aver sbagliato e che avrei avuto il dovere di soffermarmi e lasciarti qualche parola di conforto.
Sicuramente mi avresti risposto con una delle tue solite battute accompagnate da un largo sorriso. Per riparare a questa mia mancanza e per farmi perdonare un giorno o l’altro passerò sulla tua panchina di ferro battuto con lo schienale rivolto ai passanti di corso Garibaldi, e dovessi scovarla in capo al mondo, ti lascerò una copia dell’Unità. Promesso.
Ho spento l’app di registrazione del mio cellulare, poco dopo ho salutato tuo fratello Giuseppino con la promessa di rivederci ancora. Per me sarà un grande piacere. Ciao Roberto.