La Panaredda del Salento: lo speciale pan-biscotto con l’uovo preparato della nonna
a cura di Massimo Peluso
Tra i prodotti tipici del periodo pasquale, la Panaredda o Accaredda occupa un posto importante nella tradizione del Salento. Di origine orientale, probabilmente inventata dagli arabi, è approdata in Italia ai tempi del Regno delle due Sicilie, agli inizi del 1800. Questo giustifica la sua enorme diffusione nel sud – Italia, in particolare in Sicilia, Puglia e Calabria, con i nomi più disparati.
A Trapani prende il nome di campanaru, a Palermo il simpatico pupu ccù l’ovu, panaredda con l’omissione della h a Siracusa ed Agrigento, cuddura cu l’ovu nelle zone di Catania.
Anche le forme sono numerose: a Palermo solitamente si riproducono uomini, donne oppure degli animali; a Catania invece troviamo la colomba, come del resto a Ragusa e nel sud-est della Sicilia, dove però spiccano anche dei particolari cesti con le rose all’interno, da regalare alle ragazze. In altre zone, come ad esempio a Comiso, la treccia, molto più vicina al costume salentino.
Il doppio significato della panaredda.
Oggi la Panaredda del Salento, in special modo quella con le uova, la ritroviamo nelle panetterie, dove le forme, le decorazioni e la fantasia vanno a nozze. Sino a qualche decennio fa invece, era preparata in casa dalle nostre nonne per la gioia dei nipotini. Era utilizzata spesso come centro – tavola o segnaposto, grazie alle forme più strane come campanella, galletto o cestino.
Può avere due significati: sia di buon auspicio, sia indicare lo spartiacque tra il digiuno quaresimale e la risurrezione di Cristo, di cui l’uovo ne è il simbolo; in questo caso indica fecondità e vitalità.
Questo pan – biscotto intrecciato a base di farina, zucchero, uovo e strutto, ha un alto contenuto calorico, ma ciò non toglie la gioia di averlo sulle nostre tavole, di apprezzarne il gusto e mantenere viva un’antica tradizione salentina.