Don Cosimo Mele, vicario curato a Porto Cesareo già dagli anni ’30
a cura di Don Antonio Bottazzo
Dal 1937 al 1952 è vicario – curato Don Cosimo Mele, sacerdote zelante, vicino ai pescatori e attento alle loro necessità. Non aveva orari di messa stabili, in quanto era legata al ritorno dal mare dei pescatori. È impressa nella mente del popolo la sua vicinanza ai bambini che richiamava col suono di un campanello. La sua celebrazione eucaristica era attenta e devota; per giunta riusciva a promuovere le vocazioni, inviando nel seminario vescovile molti bambini, che pur non diventando sacerdoti hanno ricevuto una formazione umana e cristiana.
Si pensi per esempio a Rocco Durante fu Raffaele, Felice Greco fu Aristodemo Pasanisi Luigi. Molti sono i midras mitici riguardo al vicario Mele, tra cui il fatto che mangiasse un centinaio di masculari, per sottolinearne l’altezza e la figura massiccia e gigantesca del prelato. In quegli anni era entrato nel cuore della gente, che lo sentiva pastore e padre. A conferma di questo il commiato del borgo di Torre Cesarea, si svolse per via mare fino a Santa Caterina (frazione di Nardò), dove era stato destinato.
Don Cosimo responsabilizzava i ragazzi affidandogli impegni importanti, tanto che gli stessi ministranti erano chiamati sagrestani. Il popolo ricambiava la serietà, preoccupandosi del vitto e della pulizia della biancheria, espletata da più volontarie, tra cui Coltura Santantonio.
La vicenda del sacerdote Mele trova riscontro in quella di centinaia di parroci del Meridione. La serietà e la ricchezza spirituale di Don Cosimo, come di altri preti, attenua il giudizio severo che viene dato sul clero meridionale agli inizi del ‘900. (vedi “Chiesa e religione popolare nel Mezzogiorno”, G. De Rosa). Anche Don Cosimo Mele viveva per pochi giorni in questo borgo, come era solito per i suoi predecessori. Solo dopo la guerra si stabilì in pianta stabile in Torre Cesarea.
Don Cosimo Mele: l’attenzione nella formazione dei laici ed associazioni.
Ogni settimana ritornava nella sua Copertino e al rientro in parrocchia, portava alimenti di tutti i tipi. Infatti, nel post – guerra come in tutti i paesi, la povertà regnava sovrana ed egli si preoccupava delle necessità materiali e spirituali. Anche alle Cenate era raggiunto dai cesarini che per gratitudine restituivano con generosità quello che avevano nel tempo ricevuto, dall’ex Vicario. Con il biroccio, aiutato dai ministranti si portava per la benedizione delle case e delle masserie.
Curava la formazione dei laici istituendo e creando associazioni come l’Azione Cattolica. È utile notare che la formazione del vicario venne curata dai Gesuiti di Lecce. Infatti il Seminario Regionale di Molfetta in quegli anni era ospitato a Lecce dalla Congregazione di Sant’Ignazio di Loyola. Inoltre il periodo trascorso come collaboratore presso la chiesa del Rosario a Copertino, si rivelò fondamentale.
La struttura della vicaria era così ben articolata che il vescovo Ursi decise poi di elevarla a parrocchia. Negli anni di vicariato in effetti si cercò di evangelizzare anche attraverso le missioni dei Padri Redentoristi, che rilanciarono la devozione alla Madonna del Perpetuo Soccorso.