Pizzarieddi e maritati, ricordando l’arte di Angela Savina, per tutti “Angiulina”
a cura di Alessio Peluso
Si chiamava Angela Savina, ma per i cesarini e non solo rimarrà per sempre Angiulina. Celebre la sua arte nel preparare la pasta fresca, quella comunemente detta “fatta in casa”. Associo il suo ricordo da ragazzino alla metà degli anni ’90 e ai primi incarichi da dover svolgere per la famiglia: ritirare i ravioli, i tortellini, le sfoglie per la preparazione della lasagna e via discorrendo. Erano tempi diversi e non trovavi facilmente nei supermercati tali prodotti imbustati, come accade oggi.
Entrando nel suo regno, in attesa di essere servito, potevi osservare, anche se per pochi minuti, la maestria con la quale Angiulina (a quel tempo non conoscevo nemmeno il suo nome) preparava con cura e dedizione ogni specialità.
Solo molti anni più tardi arriverò a conoscere meglio la verace Angiulina, nota a Porto Cesareo e in tutta Italia, grazie anche alla sua presenza nella nota trasmissione dello chef Antonino Cannavacciuolo “O mare mio“. In quell’occasione la sfida riguardava un’altra specialità del posto come Lu quataru. Non mancarono come sua consuetudine sorrisi e battute di spirito durante la gara.
I pizzarieddi, probabilmente risalgono ai tempi dei romani.
Ritornando alla tradizione culinaria, di cui Angiulina era maestra, vogliamo parlarvi dei famosissimi pizzarieddi, un vero dogma della cucina salentina. In pochi lo sanno, ma sono un prodotto P.A.T. ossia identificato come tipico della tradizione della Puglia.
Da varie testimonianze, sembra che risalgano ai tempi dei Romani, almeno al 450 a.C., quando le massaie pugliesi preparavano la pasta in casa, utilizzando farina di grano duro ed acqua. Il tutto con pochi semplici gesti. L’impasto ottenuto è modellato a forma di serpentini, tagliati in lunghe file di circa 4 centimetri, che verranno cavate da un ferro artigianale detto frizzulu.
Il resto sarà un buon condimento con sugo di agnello o vitella, oltre a un po’ di cacio ricotta o ricotta scanta. E per chi vuole di più, si possono mischiare a delle orecchiette. In questo caso avremo “i maritati”, che la tradizione pugliese vorrebbe durante il pranzo di nozze come segno di fecondità.
Ed allora buon viaggio nonna Angiulina, augurandoci che il tuo esempio porti le generazioni più giovani ad apprezzare ed imparare con la tua stessa maestria.
Foto di copertina tratta dalla trasmissione “O mare mio”.