ARTE & SALENTO

La pittura di Mimmo Anteri

a cura di Alessio Peluso

Mimmo Anteri è nato a Grottaglie, la città del vino e delle ceramiche, ma vive ed opera a Gallipoli, sul mare e si vede dai soggetti che dipinge. È un pittore splendidamente mediterraneo, uno degli artisti più originali e rappresentativi della cultura salentina e pugliese, con le sue opere apprezzate anche all’estero.

Un artista che riesce a esprimere il senso della natura e del suo mistero, della profondità e complessità dei fenomeni dell’universo, ma anche tutto lo spirito della bellezza che c’è nella natura stessa, la danza sognante dei gabbiani, nella loro verticalità, o quella sorta di fazzoletti bianchi e celesti, aquiloni azzurri, puri simboli fatti di infinite velature, o il movimento silenzioso delle sfere, la musica dei pianeti che partoriscono altri mondi.

La pittura di Mimmo Anteri

C’è in questa danza della natura la passione, la forza, il dolore, la gioia di vivere, un sentimento di possente religiosità misto alle pulsioni del sogno. Tutto nella sua pittura è simbolico, a partire dai gabbiani, che sono stilizzati, di carta, come quelli che farebbe un bambino, simboli i paesaggi, il mare, i colori, i fili rossi che ogni tanto appaiono in molti dei suoi quadri.

Mimmo Anteri ha vissuto per oltre trent’anni a Roma dove ha raccolto ampi consensi, dapprima laureandosi presso l’Accademia delle Belle Arti, poi approfondendo i suoi studi ed esperienze alla luce dei movimenti d’avanguardia del tempo: dalla Scuola Romana, alla scuola degli Otto, da Città aperta al Fronte Nuovo al Gruppo di Via Margutta, che ancora esistevano alla fine degli anni Sessanta.

Ma i suoi grandi maestri, quelli che costituiscono ancor oggi la sua carpenteria mentale, rimangono Piero della Francesca, con la sua divina proporzione, e tra i moderni, Cezanne, per i sentieri e i contorni d’ombra blu da cui le cose emergono, Moreau, per la funzione creativa del colore che deve essere pensato, sognato, immaginato, Klimt, per il gusto elegante della decorazione, e Kandisky, per quel suono di flauto, violoncello, contrabbasso e organo che mette nei dolenti lamenti del blu.

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