Senna campione senza tempo
a cura di Paolo Galignano
Il primo maggio 1994 ricorda un grave lutto per il mondo della Formula Uno e per tutto il mondo sportivo: la morte del brasiliano Ayrton Senna, un vero campione: in gara, con i suoi tre mondiali (1988 – 1990 – 1991) e i suoi 41 GP vinti; e nella vita, con la sua generosità, dando in beneficenza buona parte dei suoi guadagni (anche dopo la morte).
Un vero esempio per i giovani fu quindi il pilota nato a San Paolo in Brasile, il 21 marzo 1960 e deceduto sul circuito di Imola, in quella terza prova del campionato di F1 del 1994, drammaticamente ricordata per la sequenza di incidenti gravi, che costò la vita, nel giorno delle “qualifiche”, anche al pilota austriaco Roland Ratzenberger, coetaneo del campione brasiliano.
Come milioni di appassionati di Formula Uno, anche io (ventunenne) quel giorno ero davanti al televisore, per tifare Ferrari, ma nutrivo una forte simpatia per quel pilota brasiliano, sia per la sua destrezza e abilità in pista, sia per il suo carattere mite e generoso.
Al settimo giro di una gara funestata da incidenti già alle prime curve, alle ore 14:17, l’auto di Ayrton arrivò alla curva del Tamburello, alla velocità di circa 310 km/h: un problema allo sterzo rese ingovernabile la Williams di Ayrton, che non potette evitare un violentissimo impatto a circa 210 km/h col muretto; nello scontro Senna fu colpito da un pezzo dell’auto che si staccò e ruppe la visiera del casco, penetrando nel lobo frontale destro. A nulla valsero gli immediati soccorsi in pista e la corsa in elisoccorso all’Ospedale Maggiore di Bologna.
“Correre, competere, è nel mio sangue. Fa parte di me, fa parte della mia vita. L’ho fatto per tutta la vita e spicca su tutto il resto” Ayrton Senna.