Achille Spagnolo, l’incontro con il 10: il fantasista per antonomasia
E’ il maggio 2020, la fine del primo lockdown. Sulle tracce del trequartista cesarino, il primo ad essere intervistato nella ricostruzione dei fatti calcistici locali.
a cura di Alessio Peluso
È pomeriggio, salto fuori di casa con una certa fretta. In pochi minuti, giungo alla meta designata in via Amba Alagi. Suono il campanello e guardo speranzoso la prospettiva di una scalinata. L’uomo che cerco non è in casa. So però dove andare a trovarlo. Percorro rapidamente la strada, accertandomi di aver annotato tutto sul taccuino e speranzoso che l’intuizione sia giusta. Giungo così lungo il viale delle pescherie e l’uomo che cercavo è lì.
Poche battute e un appuntamento fissato per le 19 nel suo domicilio. Finalmente l’ho trovato, Achille Spagnolo. Circolano da sempre voci che a calcio ci sapesse fare e vista la sua nota simpatia per il mondo dello sport, credo di essere sulla strada giusta. Mi accingo verso la sua dimora all’orario prestabilito ed è lieto di accogliermi.
Bastano pochi scambi di parole, qualche nome e gli occhi diventano lucidi, traditi dall’emozione. Di calcio ha masticato sin da piccolo e ora dall’alto dei suoi 80 anni guarda con nostalgia a quei ricordi, a quelle foto conservate gelosamente e gentilmente concesse alla redazione di ECCLESIA Cesarina.
Di quel calcio spensierato in tanti saranno protagonisti, aggiudicandosi tornei e raccogliendo soddisfazioni. Quello con Achille è un incontro che profuma d’amore calcistico, di confronti generazionali, tra il calcio del passato e quello presente, tra la voglia di raccontare candidamente tutte le vicissitudini accadute e il rimpianto per i tanti compagni venuti a mancare nel corso del tempo.
Achille Spagnolo: una serie di foto catturano la nostra attenzione e tradiscono antiche emozioni.
In tanti si formavano in quegli anni, attraverso un calcio rude, maschio e denso di valori. Achille vive ancora oggi un amore viscerale con il calcio del proprio paese e con i tanti compagni che lo hanno portato a spiccare il volo verso mete importanti.
Il suo racconto è incalzante, spiccano aneddoti come se grandinasse. La sua è una profonda testimonianza che lo sport nel nostro paese era più che mai vivo.
Vengo immediatamente catturato dalla visione di alcune foto appese alle pareti: una in bianco e nero, l’altra a colori. Quest’ultima (foto di copertina) come si può intuire è più recente e probabilmente appartiene agli inizi degli anni ’60. Molti volti provengono da paesi limitrofi, principalmente Leverano e Trepuzzi.
In tre invece sono di Porto Cesareo: Antonio Basile, mediano col vizio del gol, posizionato al quinto posto in prima fila, per il quale Achille ha un pensiero speciale, in virtù della sua scomparsa, che ancora gli lacera il cuore. Alla sinistra di Antonio vi è Anselmo Muci, mentre in seconda fila posizionato all’estrema destra Achille Spagnolo.
Una squadra fortissima! È questa la definizione più ricorrente fornita da Achille, numero 10, pronto a svariare per tutto il fronte d’attacco, a seconda delle necessità.
L’analisi della foto sembra fermare il tempo, ma fortunatamente abbiamo la forza di proseguire e focalizzarci sull’altra, collocabile alla fine degli anni ’50. Qui di cesarini che si divertivano a tirare calci a un pallone, a livello amatoriale, ne risultano 5: Luigi Latino, il primo in alto a sinistra e mezz’ala destra, descritto da Achille come l’infaticabile; accanto a lui Salvatore Calasso, ala destra; il quinto calciatore posizionato in alto è Antonio Montinari, mezz’ala sinistra; il primo in basso a sinistra è Pierino Macchia, ala destra; infine, in basso a destra, al quinto posto, il nostro protagonista, fantasista e prezioso testimone.
Achille trascorre un quinquennio nelle file cesarine, poi iniziano gli spostamenti in giro per il Salento. Ambito, desiderato per le sue caratteristiche uniche, ambidestro, con uno spiccato senso del gol e bomber da 20 – 25 reti a stagione. Una certezza, una garanzia!
Quel mancato trasferimento a Bari in due occasioni.
Un’altra foto intanto attira la mia attenzione: è la stagione 1961 – ’62. Scopro che ha militato nel Leverano in quella stagione; seguono annate importanti come Copertino (3 anni), prima di approdare al Novoli, dove resterà per un biennio. È qui che la sua storia poteva svoltare. Infatti agli inizi degli anni ’60 il Novoli attraversava il suo periodo d’oro, raggiungendo anche i dilettanti. L’esordio è indimenticabile per Achille: lunga trasferta, destinazione Mola di Bari.
Lui è carico e il mister lo percepisce subito, mandandolo sul terreno di gioco sin dal primo minuto. La scelta è azzeccata! Lampi di classe, personalità, conclusioni verso la porta e gioia del gol negata da un palo e da una traversa. Il match si concluderà 1 a 1.
Il post gara ha però un retroscena succulento: il Bari quell’anno militante in Serie A, si accorge di lui ed iniziano i contatti. Achille frena, è indeciso e inizialmente declina l’offerta. Troppo forte il richiamo della propria terra, una tradizione familiare radicata che non vede nel calcio una possibilità concreta di realizzazione.
Ma non finisce qui. Il Bari torna a farsi vivo tempo dopo e questa volta Achille spinto da alcuni amici fidati è propenso ad accettare. Il destino purtroppo è crudele e beffardo. Proprio il giorno prima della partenza, accade l’imponderabile: il padre Vincenzo Spagnolo, vede aggravarsi le sue condizioni di salute e lascia improvvisamente la vita terrena. Salta tutto!
La leggendaria punizione firmata Achille Spagnolo nel treno merci a Novoli.
Il treno per il calcio dei grandi sfuma inesorabilmente, un altro invece segnerà un’aurea di mito per quanto accaduto. La partita di riferimento è Novoli – Carmiano. Avendone sentito parlare in altre occasioni, colgo a qualche settimana di distanza, in una soleggiata mattina di giugno, l’occasione propizia.
Achille è nei pressi del supermercato “Mare Blu” e si avvia verso casa. Ci salutiamo e compiamo un po’ di strada insieme. La domanda per me è un cruccio che non posso omettere, così quasi a bruciapelo tra una chiacchiera e l’altra…
– Scusa Achille, ma come è la storia del pallone nel treno, di cui molti parlano?
– Ni cuntanu chiacchiere… – e scoppia a ridere. Poi parte con il racconto ed io privo di taccuino al seguito, memorizzo e descrivo di conseguenza: vi è una punizione dal limite dell’aerea di rigore ed Achille si ritrova sul punto di battuta. La sua conclusione violenta ed imprecisa termina alta oltre la traversa.
Nulla di sorprendente, se non fosse che la sfera di gioco termini all’interno di un treno merci posizionato dietro la porta. È il panico! Non erano tempi in cui abbondavano i palloni da calcio, anzi, come confermato dallo stesso Achille ve ne era solo uno disponibile. Incuriosito chiedo:
– Ma la partita fu sospesa? – La risposta è lapidaria e molto salentina.
– None, none. Dopu nu picca lu chiammu e amu ripiatu cu sciucamu. Mi guarda con un sorriso e torna in casa. La missione Achille è compiuta, il nostro viaggio però continua.