La chiesa di Santo Stefano a Soleto: gli scudi araldici e il Giudizio Universale
a cura di Vanessa Paladini
La facciata monocuspidale della chiesa di Santo Stefano di Soleto, costruita in pietra squadrata di Lecce, ha un portale romanico sormontato da un campanile a vela. Con i suoi resti di protiro, il portale d’ingresso richiama i tradizionali temi dell’arte romanica, con influenze orientaleggianti.
La pietra leccese, dal calcare compatto e tenero, si è però disgregata sotto l’azione erosiva di agenti atmosferici. Per questo motivo nell’antico portale sopravvivono solo i due leoni mutili che ora poggiano sulle mensole incastrate ai due lati dell’architrave. Prima esse erano collocate su due colonnine sorrette da animali stilofori, oggi poco visibili.
L’architrave è decorato da rosette e da un festone di fogliame. Anche il cornicione sovrastante, in precarie condizioni, in origine doveva essere ornato con decorazione vegetale. Adoperata nella chiesa di SS. Niccolò e Cataldo a Lecce (XII secolo), questo tipo di motivo viene ripreso anche nel primo Quattrocento; può essere osservato anche sul mausoleo di Raimondello a Galatina.
Chiesa di Santo Stefano: i due scudi araldici.
A dispetto del degrado dell’ornamento scolpito si scorgono due scudi araldici, situati rispettivamente nel culmine del fregio del rosone e sul fastigio dell’archivolto sovrastante. Nel primo, parzialmente visibile nella parte superiore, si riconosce lo stemma della famiglia provenzale dei Baux. La stella crinita a sedici raggi inquartata a destra con il corno da caccia dei principi d’Orange. Probabilmente in una losanga centrale, le armi degli Orsini, sono oggi difficilmente distinguibili.
Il secondo scudo, di dimensioni più ridotte, è totalmente rovinato. Una lettura avanzata da Berger e Jacob riguarda la punta inferiore di un corno di luna calante volto verso destra. La mezzaluna in questione indicherebbe la progenie, nel caso della famiglia dei Baux, del Mago Baldassarre. Questo si evince dall’omelia funebre, nel 1334, di Ugo del Balzo.
Una peculiare visione dell’inferno all’interno del Giudizio Universale.
a cura di Vanessa Paladini
L’affresco della chiesa di Santo Stefano di Soleto offre una peculiare versione dell’inferno e dei dannati, visibile sul lato destro del Giudizio Universale. Accanto all’arcangelo che pesa le anime, si scorgono un uomo e una donna che dormono distesi su un letto, mentre un diavoletto alato si agita sopra le loro teste. Questa raffigurazione non trova riscontro nelle usanze iconografiche medioevali e neppure in quelle di tradizione bizantina.
Il sonno che accompagna i dormienti di Soleto sembra estraneo al piacere lussurioso che gli si potrebbe attribuire e per comprenderne il significato si può ricorrere a scene simili, presenti in alcuni santuari di Creta e Cipro, databili tra il XIV e XV secolo. La didascalia che fa seguito a questa formula iconografica è «coloro che dormono all’ora della Divina Liturgia o restano a letto prima di andare in chiesa», originata da uno scritto apocrifo, diffuso in ambiente monastico e popolare, l’Apocalisse della Santissima Madre di Dio.
Nel racconto l’arcangelo Michele e gli angeli conducono Maria in una parte di inferno, nella quale vi sono numerose coppie distese su letti. La Vergine, commossa, domanda all’arcangelo chi siano e quest’ultimo risponde che sono coloro che non si svegliano per recarsi in chiesa la domenica e per questo sono puniti. Questo dettaglio, che richiama subito l’attenzione dell’osservatore, potrebbe derivare dalla fortuna che conobbe l’apocrifo nel Salento Medioevale.
Questa leggenda è infatti tramandata da un manoscritto, oggi conservato in Ambrosiana (Ambros. G 63 sup.), prodotto in Salento che sicuramente non era estraneo a chi aveva realizzato il progetto della chiesa di Santo Stefano di Soleto.
La presenza dell’arcangelo Michele e la bilancia tra bene e male.
a cura di Vanessa Paladini
Sull’arco della Chiesa di Santo Stefano a Soleto, nella zona assiale, si nota la presenza dell’arcangelo Michele che, afferrata la spada con la mano destra, con la sinistra regge la bilancia della giustizia per pesare le anime. Questa raffigurazione è detta anche psicostasia ed è inserita, non a caso, tra gli affreschi della controfacciata che trattano il Giudizio Universale.
La scena che la precede, ai lati della parete inferiore del rosone, è infatti quella di due angeli che riuniscono gli eletti e che svegliano, con il suono della tromba, i morti, prima che questi si presentino dinanzi al Giudice. Come consuetudine, uno dei piatti della bilancia si riferisce al bene e l’altro al male: nel piatto di destra un’anima è accolta da un angelo, in quello sinistro invece si nota come un dannato stia precipitando con il capo all’ingiù. Ai piedi dell’arcangelo, sono affrescati degli scheletri di defunti entro un sarcofago.
Diversamente dalle pitture di Santa Maria del Casale di Brindisi e dai Giudizi bizantini, Michele “psicopompo” è equipaggiato alla maniera medioevale occidentale, con armatura cavalleresca, corazza e gambali. Questa scelta, già presente nella chiesa soletana (si vedano le scene della Strage degli Innocenti, della Passione di Cristo o di santo Stefano) secondo gli studi di Calò Mariani, rimanda a una cultura profana e cortese di impronta tardogotica.
Fonte: Michel Berger- André Jacob, La chiesa di Santo Stefano a Soleto, Lecce 2007.