ARTE & SALENTO

Cosa vedere in Puglia? Ambiente, territorio e luoghi da visitare

La Redazione – Rubrica mensile “Cosa vedere in Puglia?” Uscita n° 1 Marzo 2023

Varietà di ambienti nella regione del Levante

Osservando la cartina geografica dell’Italia riusciamo tutti a individuare facilmente la Puglia (così come la Calabria). Lo sguardo si appunta subito sul promontorio del Gargano e procede verso sud – est, fino all’estremità della penisola salentina. Ben 400 km, dal confine con il Molise fino al Capo di Santa Maria di Leuca (la stessa distanza che intercorre fra Torino e Venezia).

Emerge così un primo carattere generale: la spiccata marittimità di questa regione stretta e lunga. Escludendo le isole maggiori, la Puglia è anzi la regione più marittima. Circa 800 km dei suoi confini, due terzi dell’intero perimetro, sono bagnati dall’Adriatico e dallo Jonio. E va sottolineato che tale carattere ha non poca importanza nella vita della regione. Essa ne viene influenzata dal punto di vista sia fisico che antropico.

Si ha dunque, una facile penetrazione di caratteri mediterranei, poiché nessuna località dista dal mare più di 75 km. I rilievi invece sono pochi e modesti. Gli aspetti dominanti della regione sono poi ben resi da alcuni attributi comunemente usati per qualificarla: piana, petrosa, siticulosa, cioè arida. Proiettato a Oriente, con Otranto quasi alla stessa longitudine di Budapest, il territorio regionale con 19.362 km² presenta una conformazione prevalentemente piatta.

Un territorio impregnato di ruralità.

Con l’ambiente fisico pugliese, certamente non facile, i contadini hanno lottato quotidianamente in passato, per acquisire all’agricoltura ben otto decimi della superficie regionale. Oggi quasi tutto il territorio è impregnato di una diffusa ruralità di fondo. Ciò non significa che il paesaggio sia uniforme, poiché vi si sono aggiunti i segni di una crescente pressione demografica e di attività economiche nuove.

Si possono individuare, a scala sub regionale, diverse unità territoriali. Il massiccio promontorio montuoso del Gargano, la pianura prevalentemente piatta e alluvionale del Tavoliere e i modesti rilievi del Subappennino dauno sono compresi nella provincia di Foggia, nota anche come Daunia o Capitanata.

La cimosa litoranea, densa di popolazione, di centri abitati e di attività economiche, la Premurgia con la sua fitta coltre arborea specializzata (olivi, viti e mandorli) e la Murgia Alta, con dolci ondulazioni calcaree per lo più nude e pascolive, fanno parte della provincia di Bari, in notevole misura coincidente con la Terra di Bari.

La Murgia dei Trulli si estende nelle tre province di Bari, Brindisi e Taranto e l’anfiteatro tarantino digrada verso il capoluogo della provincia jonica. Il Salento, penisola che comprende per intero la provincia di Lecce e, parzialmente quelle di Brindisi e Taranto, è a sua volta suddiviso nel cosiddetto Tavoliere salentino (l’area pianeggiante mediana), nel Salento murgiano (ove le Murge brindisine e tarantine costituiscono la più bassa prosecuzione della Terra di Bari) e nel Salento delle Serre, all’estremità peninsulare, che prende il nome da una triplice serie di lievi ondulazioni calcaree.

Rubrica mensile “Cosa vedere in Puglia?” Uscita n° 2 Aprile 2023

Cosa vedere in Puglia: Subappennino Dauno, il dominio dell’argilla.

Il territorio pugliese è caratterizzato da forme in prevalenza tabulari. Appena l’1,5% può essere definito di montagna – almeno secondo un criterio altimetrico – e ciò si verifica soltanto nella provincia di Foggia, la più differenziata dal punto di vista della conformazione fisica. La collina interessa il 45,3% della superficie regionale e la pianura il 53,2%.

A una prima, generale osservazione il quadro geologico appare semplice: molto calcare e poca argilla. In realtà, non è corretto liquidare così, con poche parole, una regione geologicamente giovane. Essa presenta dal punto di vista della conformazione del territorio caratteri meno semplici e scontati di quanto non si pensi.

Innanzitutto va ricordato che in Puglia si ritrovano i tre principali elementi strutturali dell’Italia meridionale. La catena appenninica, che pur se in modo abbastanza limitato, interessa la regione con il Subappennino Dauno. Poi l’avanfossa, rappresentata dal Tavoliere e dall’estremità nord – orientale della cosiddetta fossa premurgiana. Per finire l’avampaese, che comprende il Gargano, le Murge e il Salento.

La catena appenninica deborda perifericamente nella Puglia e in particolare nella Capitanata, con la chiostra montuosa del Subappennino Dauno. Qui si superano anche i 1100 m di quota con il monte Cornacchia, la massima elevazione della Puglia (1152 m), e il monte Crispiniano (1105 m). Se le quote possono giustificare che si parli di montagna, non è così per le forme, quasi sempre dolci e arrotondate.

Cosa vedere in Puglia? Il Monte Cornacchia
Cosa vedere in Puglia? Il fascino del Monte Cornacchia.

La franosità del terreno e l’estensione del Tavoliere delle Puglie.

Dominano soprattutto le formazioni argillose e flyscioidi (cioè formate da strati di sedimenti depositati in ambiente marino) di varia composizione. Ciò, unitamente alla presenza di coperture alloctone, in giaciture spesso sconvolte, spiega l’accentuata franosità dei terreni, che rende instabili molti centri abitati e costituisce uno dei maggiori problemi della subregione.

La franosità del terreno è stata accentuata dall’intenso diboscamento, che ha quasi del tutto spogliato i rilievi. Interposto fra Subappennino Dauno a ovest e Gargano a est, il Tavoliere si estende nella parte centrale della provincia di Foggia, che in un passato ormai remoto era occupata dal mare. È una grande pianura (circa 3000 km²), la più vasta dell’Italia peninsulare. Spesso si presenta, ondulata e non piatta, come potrebbe far pensare il nome, che molto probabilmente deriva dalle tabulae censuariae, una sorta di catasto nel quale erano registrate le terre possedute dal fisco.

Il Tavoliere è la subregione pugliese geologicamente più giovane. Dalla parte più elevata, nella zona di transizione con il Subappennino Dauno, a quella più depressa, al livello del mare o anche al di sotto di esso, si succedono una fascia pedecollinare argillosa, una zona a ripiani frammentati, residui di vasti terrazzi marini, e un’ampia area alluvionale antica.

Infine, una piana costiera che appare bordata, sul litorale, da depositi sabbiosi recenti e attuali, che il mare continua a lasciare, nella sua azione costruttiva, almeno lì dove non è intervenuta l’erosione delle spiagge.

Rubrica mensile “Cosa vedere in Puglia?” Uscita n° 3 Maggio 2023

Gargano, Murge e Salento: il dominio del calcare

Il principale elemento strutturale è costituito dall’avampaese, che nell’Italia meridionale è possibile ritrovare solo in Puglia. È proprio esso che conferisce alla regione quella peculiare conformazione alla quale si deve soprattutto la sua diversità di base, quasi una sorte di estraneità, rispetto al resto della penisola. All’avampaese appartengono ben tre delle cinque principali subregioni individuabili in Puglia.

A cominciare dal Gargano in provincia di Foggia, passando per le Murge, che interessano soprattutto la terra di Bari, e terminando con il Salento, estremità peninsulare della regione. La costituzione geologica è la stessa: una potente serie di rocce calcaree, depositatesi in un mare poco profondo, nell’era mesozoica (da 200 a 100 milioni di anni or sono, fra triassico superiore e cretaceo superiore).

La zolla calcarea garganica è stata la prima a emergere dal mare, per effetto di sollevamenti che iniziarono già nel cretaceo superiore e che si svilupparono quindi poderosamente nel terziario, agli inizi del paleogene (circa 70 – 50 milioni di anni fa). È la parte più settentrionale dell’avampaese, ampia circa 2000 km².

Monte Calvo e Monte Spigno i maggiori rilievi poco superiori ai 1000 metri.

Essa si innalza talora bruscamente sull’Adriatico e sul Tavoliere di Foggia, che le fanno corona a nord, est e sud – est il primo, a sud – ovest e ovest l’altro. Ne è pure la parte più elevata: con pendenze anche forti, in corrispondenza dei ripiani che caratterizzano in gran parte la conformazione del Gargano. Si arriva poi all’altopiano vero e proprio, dove i maggiori rilievi superano i 1000 m (monte Calvo, 1055m; monte Spigno, 1008 m).

Il paesaggio garganico non può dirsi montano, sia per le quote, che superano di poche centinaia di metri il limite altimetrico convenzionale fra collina e montagna, sia per le forme per lo più dolci e spesso denudate (l’estrema scarsezza di terreno, l’assenza di vegetazione arborea e la povertà di quella erbacea rendono, ad esempio, pienamente significativo il toponimo monte Calvo), sia per l’aspetto generale, che fa pensare a colline piuttosto che a montagne.

Geologicamente vi sono differenze abbastanza significative, con formazioni calcareo – dolomitiche di scogliera nell’area centrale, calcari di avanscogliera a est e a nord – est e sedimenti calcarei e calcareo – dolomitici di retroscogliera nella zona occidentale.

Rubrica mensile “Cosa vedere in Puglia?” Uscita n° 4 Giugno 2023

Cosa vedere in Puglia – Diversità di paesaggi: dalle Murge al Salento.

Altrettanto evidenti sono le diversità del paesaggio. La parte centro – occidentale dell’altopiano ha un aspetto tendenzialmente tabulare. Le rocce vi presentano un elevato grado di permeabilità, dovuto alla serie di fratture che interessano le potenti formazioni carbonatiche, attraverso le quali s’infiltrano le acque di precipitazione, dando luogo a un’ampia gamma di fenomeni carsici.

La parte orientale, che si protende nel mare, è costruita invece con rocce meno permeabili. Esse hanno permesso la formazione di un’idrografia superficiale povera, ma sufficiente a incidere e a movimentare il territorio con numerose piccole valli. Una forte discontinuità è rappresentata dalla profonda depressione, che attraversa tutta la metà meridionale del Gargano da ovest a est, dalla valle di Stignano, aperta sul Tavoliere, sino alla piana litoranea Mattinata.

Le Murge sono un ampio rilievo tabulare, di forma grossolanamente rettangolare, che si estende da nord – ovest a sud – est. Interessa gran parte della provincia di Bari e, perifericamente, quelle di Brindisi e Taranto. Anche qui l’impalcatura è geologicamente costituita soprattutto da rocce cretacee, calcaree e calcareo – dolomitiche, sulle quali poggiano talora, sedimenti più teneri e recenti, soprattutto del terziario.

Altitudine media inferiore ai 100 metri nel Salento.

La sezione nord – occidentale vede, nella parte più interna ed elevata, un altopiano ondulato che digrada bruscamente a sud – ovest, verso la fossa premurgiana, e più dolcemente, con ripiani smussati, a nord – est verso il mare. In questo altopiano della Murgia Alta si ritrovano le quote più elevate, come monte Caccia (679 m) e la Murgia Serraficaia (673 m). Caratteristiche più o meno analoghe hanno le Murge sud – orientali, più conosciute con il nome di Murgia dei Trulli, separate da quelle nord – occidentali dall’insellatura di Gioia del Colle.

Anche se la maggior parte del territorio si trova oltre i 350 m, i rilievi sono modesti, giungendo fino a un massimo di poco più di 500 m, con ripiani di cui appare evidente soprattutto quello di Fasano, sul versante adriatico. A sud della Murgia alta e della Murgia dei Trulli, il terreno digrada verso lo Ionio con l’anfiteatro tarantino.

L’avampaese comprende anche il Salento, penisola lievemente incurvata che conclude, a sud – est, la regione. È un territorio basso e spesso uniforme, con altitudine media inferiore ai 100 m. Il basamento è costituito anche qui da rocce calcaree del cretaceo, che emergono con le Serre, triplice serie di ondulazioni convergenti verso l’estremità della penisola.

Si tratta di dorsali poco elevate, asimmetriche, che non superano mai i 200 m (Serra di Sant’Eleuterio, 195 m; Serra Peccatori, 190 m), ma rappresentano nel contesto salentino un elemento di rilievo. Fra di esse si allungano zone depresse e tratti pianeggianti.

Rubrica mensile “Cosa vedere in Puglia?” Uscita n° 5 Luglio 2023

Cosa vedere in Puglia – Un paesaggio modellato da maestose forme carsiche

La Puglia è caratterizzata da una notevole frequenza e varietà di fenomeni carsici, dei quali la roccia calcarea è madre quasi sempre prolifica. Il carsismo, come noto, è un fenomeno collegato essenzialmente alla dissoluzione delle rocce carbonatiche da parte delle acque piovane, acidule, che penetrano nelle fratturazioni della roccia. Si tratta di un processo soprattutto chimico, di corrosione che costituisce il principale fattore di modellamento nelle regioni calcaree.

Manifestazioni carsiche, sia superficiali sia sotterranee, dominano infatti nelle serre salentine e, soprattutto nelle Murge e nel Gargano, dove improntano tipicamente il paesaggio di alcune aree. Uno dei fenomeni più evidenti e ricorrenti è rappresentato dalle doline. Sono depressioni di varia forma (a piatto, a scodella, a imbuto etc.) e profondità (da 1 – 2 metri a oltre 100), a contorno tendenzialmente circolare.

Nel Gargano, specialmente nella parte occidentale dell’altopiano, ve ne sono circa 4000. In alcune aree se ne contano più di 80 per km², al punto che il suolo, visto dall’aereo o in una rappresentazione cartografica a grande scala, appare come crivellato da crateri di bombe. La maggiore, una delle più grandi d’Italia, è la Pozzatina. Si può osservare, a pochi chilometri da Sannicandro Garganico, percorrendo la strada che da questo centro porta a San Marco in Lamis. Una cavità enorme di forma ellittica, con asse maggiore di quasi 700 m, fondo piatto e profondità massima di 130 m.

Dimensioni quasi altrettanto imponenti si raggiungono nelle Murge, ove le doline (qui indicate se grosse o profonde con il termine pulo) sono anche numerose. Così ad esempio il pulo di Altamura e il pulicchio di Gravina di Puglia. Molto noto è anche il pulo di Molfetta, non tanto per le sue dimensioni, quanto per le tracce di insediamenti preistorici rinvenute nelle sue vicinanze e nelle grotte che ne perforano le pareti quasi verticali.

Inghiottitoi e la presenza di grotte.

Forme carsiche superficiali davvero maestose sono inoltre i polje, detti anche piani, come nell’Appennino. Si tratta di depressioni allungate (sino a parecchi chilometri), dal fondo pianeggiante ricco di fertile terreno e quindi spesso coperto da fitte colture. Notevoli esempi del genere sono la Valle d’Itria e il Canale di Pirro, nella Murgia dei Trulli. E poi i piani di San Martino e di San Vito, nonché la bellissima Valle Ceresaldi, nel Gargano.

Oltre a fenomeni superficiali minori, come i campi di coni, i campi solcati o i lapiez (solchi carsici), sono frequenti pure le manifestazioni sotterranee. Numerosi ad esempio, sono gli inghiottitoi, cavità a sviluppo verticale spesso presenti sul fondo delle doline, nelle quali si riversano e vengono inghiottite, appunto, le acque piovane. Queste cavità raggiungono talora profondità notevoli, di alcune centinaia di metri. Ad esempio la voragine di Campolato nel Gargano o la grava di Faraualla nella Murgia Alta.

Frequenti sono le grotte, spesso abitate in passato, che lungo le coste si presentano molto rielaborate dall’erosione del mare. Così occorre citare nel Salento, le grotte di Santa Cesarea Terme (da cui sgorgano acque termali usate a fini terapeutici) e il sistema carsico della famosa Zinzilusa, presso Castro Marina, nonché quelle del Gargano e delle Isole Tremiti.

Tra le forme sotterranee, certamente le più note sono le grotte di Castellana, nella Murgia dei Trulli. Per sviluppo e ricchezza di concrezioni stalattitiche e stalagmitiche questo sistema di cavità carsiche costituisce un monumento naturale di estremo interesse scientifico, oltre che turistico.

Rubrica mensile “Cosa vedere in Puglia?” Uscita n° 6 Agosto 2023

Le Grotte di Castellana

La grande diffusione nel territorio pugliese di rocce calcaree ha favorito nel tempo un’azione di erosione chimico – fisica, che ha determinato vistose manifestazioni di carsismo superficiale e sotterraneo. Tra le forme sotterranee, le più significative sono le Grotte di Castellana. Queste grotte originate dal corso di un antico fiume ipogeo e da sempre adibite dai contadini allo scarico delle sanse e delle vinacce inutilizzate, furono violate per la prima volta verso la fine del XVIII secolo da un gruppo di giovani locali.

Nel 1938 vi si calò, attraverso una voragine a cielo aperto (la Grave), profonda circa 60 metri, il professor Franco Anelli. Egli aprì la strada a successive esplorazioni e promosse l’immediata apertura al pubblico. Fu solo dieci anni più tardi che ebbe inizio la vera e propria valorizzazione turistica delle grotte. Assieme allo sviluppo turistico è aumentato verso le grotte l’interesse degli studiosi. Ciò ha consentito notevoli progressi nella conoscenza dell’ambiente fisico e biologico del mondo sotterraneo.

Il complesso delle grotte è costituito da cinque cavità (grotta Nera, salone delle Statue, sala della Civetta, sala dell’Altare, grotta Bianca), poco ramificate, ma dal notevole sviluppo verticale (anche superiore ai 30 metri), collegate da gallerie e corridoi, naturali e artificiali. Lateralmente al sistema principale si aprono grotte secondarie, cunicoli e cavernette, alcune delle quali assai ricche di stalattiti e stalagmiti.

La visione di un paesaggio fiabesco.

Tra cavernoni e corridoi le grotte si estendono per chilometri a diversi livelli. E’ possibile asserire che nel corso d’acqua principale confluiscono corsi secondari, che a loro volta hanno determinato un reticolo idrico ipogeo non ancora interamente scoperto. Al visitatore si presenta un paesaggio davvero fiabesco creato dalla natura, che l’opera dell’uomo ha solamente contribuito a rendere accessibile.

Uniche nel loro genere, sia per l’estensione dell’intero sito (3 km di percorso, a oltre 70 metri di profondità), sia per lo straordinario spettacolo che offrono, le Grotte di Castellana, nel barese, costituiscono il più importante complesso sotterraneo di origine carsica in Italia.

Rubrica mensile “Cosa vedere in Puglia?” Uscita n° 7 Settembre 2023

Un clima fondamentalmente mediterraneo.

Quello pugliese è un clima che presenta variazioni su un tema fondamentale tipicamente mediterraneo, variazioni dovute ad alcuni principali fattori agenti su scala regionale o locale. Va richiamata in primo luogo, la spiccata marittimità. La dominante piattezza della regione fa sì che le influenze marittime possano penetrare abbastanza agevolmente all’interno. E’ facile quindi trovare il verde smagliante di una pianta marittima come il pino d’Aleppo.

Non va trascurata poi la posizione geografica, con i rilievi appenninici a ovest e nord – ovest. Essi deviano o comunque riducono l’apporto di pioggia delle masse d’aria umida che da quella direzione soprattutto provengono. La regione si presenta aperta ed esposta alle frequenti pulsazioni di aria fredda che le giungono dalla penisola balcanica e che non di rado l’ammantano di neve.

Si tratta di caratteristiche climatiche indubbiamente favorevoli dal punto di vista termico, poiché grazie alla latitudine, molta parte della regione ha temperature medie annue comprese tra 15 e 17 °C. Valori superiori si ritrovano lungo il versante ionico del Salento, mentre si va al di sotto dei 15°C, per un’ovvia influenza dell’altimetria, nelle aeree più elevate delle Murge baresi, nella chiostra montano – collinare del Subappennino e nell’altopiano garganico.

Una stagione estiva superiore alla media generale.

Ed è proprio in queste due ultime subregioni che si scende, se pur di poco, anche al di sotto di 12 °C: più o meno la temperatura annua di Torino, per intenderci. La stagione autunno – invernale è quella che vede le più frequenti invasioni di massa d’aria da nord – est, alle quali soprattutto si devono le giornate fredde e, talora, nevose. Il tutto però, è relativo alla mitezza di fondo del clima pugliese.

L’estate è calda e caratterizzata da un cielo quasi sempre sereno. In luglio le temperature medie mensili si mantengono intorno ai 25 – 26°C nella maggior parte del territorio, mitigandosi soltanto nelle limitate aeree montano – collinari. Rilevante è anche la durata della stagione. Le coste pugliesi hanno mediamente circa quattro mesi con giornate estive, considerando tali quelle con temperatura massima maggiore o uguale a 25°C.

Un vantaggio, come ben si comprende, per il turismo. Potenzialmente infatti la Puglia ha una stagione balneare di notevole durata, che supera di oltre un mese, ad esempio, quella della riviera romagnola. Se le temperature sono abbastanza elevate, le piogge sono scarse. In media, il territorio pugliese – uno dei meno piovosi d’Italia – riceve annualmente poco più di 600 millimetri, vale a dire circa la metà delle precipitazioni che, sempre mediamente, cadono ad esempio in Calabria o in Campania.

Rubrica mensile “Cosa vedere in Puglia?” Uscita n° 8 Ottobre 2023

Scarsa idrografia superficiale e ricca idrografia sotterranea

Chi percorre la Puglia non può non notare l’estrema scarsezza di corsi d’acqua superficiali. Diversi fattori concorrono a provocare questo risultato. Innanzitutto la notevole diffusione, in quasi tutta la regione, di rocce carbonatiche percorse da una fitta rete di fratture, attraverso le quali le acque delle precipitazioni vanno ad alimentare soprattutto la falda carsica di fondo.

In secondo luogo, la quantità relativamente scarsa delle precipitazioni, che viene ulteriormente ridotta dall’intensa evaporazione. Infine, la stessa forma allungata della regione, la quale ha fatto sì che solo limitatamente potessero formarsi bacini di una certa ampiezza. Non sorprende allora, che un reticolo idrografico di una certa significatività si sia sviluppato soltanto nelle subregioni costituite da rocce prevalentemente argillose, e quindi impermeabili, come il Subappennino Dauno e il vicino Tavoliere.

Qui si ritrovano piccoli corsi d’acqua come il Cervaro, il Carapelle e il Candelaro, l’unico che scorra interamente nella Daunia, sfociando nel golfo di Manfredonia, ove convoglia anche gli scarsi apporti del Triolo, del Salsola e del Celone. Torrenti miseri, quasi secchi in estate, che però si gonfiano, talora rovinosamente, durante la stagione delle piogge.

Il ruolo dei fiumi Fortore ed Ofanto.

Anche ai loro apporti si deve, comunque, il riempimento di una grande parte di quella lunga zona litoranea, soprattutto lagunare e paludosa che si estendeva tra il Candelaro e l’Ofanto. Irregolari sono anche fiumi come il Fortore e l’Ofanto, che interessano la Puglia solo con il tratto terminale del loro corso. Il Fortore segna in parte il confine con il Molise, da cui si allontana negli ultimi 25 – 30 km, prima di sfociare a poca distanza dal lago di Lesina.

L’Ofanto fa da confine tra Basilicata e provincia di Foggia e poi tra questa e la Terra di Bari, sfociando con un delta poco pronunciato fra Margherita di Savoia e Barletta. La loro portata varia da 1m³/sec: una quantità irrisoria, se solo si pensa ai valori (seppure in situazioni profondamente diverse) dell’Arno (100) o del Tevere (230) o addirittura a quelli del Po (circa 1500 ³/sec). (segue seconda parte)

Rubrica mensile “Cosa vedere in Puglia?” Uscita n° 9 Novembre 2023

Regione arida, ma con diverse aree umide.

Quasi totalmente lucano è il Bradano, fiume che solo per pochi km scorre in provincia di Taranto. Qui peraltro nella piana a ovest del capoluogo ionico si trovano altri piccoli corsi d’acqua come il Tara, il Lenne, il Lato e il Galeso, per lo più alimentati dalle retrostanti profonde gravine o da piccole polle sorgive. Certo, la Puglia ha due grandi laghi, nella parte settentrionale del Gargano: Lesina (51 km²) e Varano (60 km²), il quale è addirittura il settimo per ampiezza in Italia.

Ma si tratta esattamente di due lagune, dalla profondità molto limitata (dai 2 metri di Lesina ai 5 di Varano), alimentate da alcune sorgenti, ma liberamente comunicanti con il mare, che rende le acque molto salmastre. Poca cosa è poi il lago di Alimini, lungo la costa adriatica del Salento, a nord di Otranto. E’ distinto nei due piccoli bacini di Alimini Grande (in comunicazione con il mare) e Alimini Piccolo, quest’ultimo conosciuto anche sotto il nome di Fontanelle, con evidente riferimento alle polle sorgive che lo alimentano. Di questi due laghetti solo il secondo fornisce acque utilizzabili a scopo irrigui.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, in una regione arida come la Puglia vi sono diverse aree umide, che caratterizzano il paesaggio di consistenti zone costiere. Si possono ricordare, ad esempio, le aree paludose del basso Tavoliere e le stesse saline di Margherita di Savoia nella Capitanata, Torre Guaceto, in provincia di Brindisi, le Cesine nel Salento, fra San Cataldo e Torre Specchia Ruggeri.

Nel complesso, benché siano state fortemente ridotte, si estendono ancora su circa 20.000 ettari, interessando quindi l’1% dell’intera superficie territoriale. Alla povertà di acque superficiali fa riscontro la consistenza dell’idrografia sotterranea, soprattutto dovuta all’infiltrarsi delle acque piovane, sino alla falda carsica di fondo, nelle grandi zolle carbonatiche. Acque che spesso ricompaiono lungo la costa, con sorgenti per lo più subacquee. All’idrografia sotterranea si attinge, talora in misura eccessiva e molte volte abusivamente, per risolvere le carenze che affliggono la Puglia.

Rubrica mensile “Cosa vedere in Puglia?” Uscita n° 10 Dicembre 2023

Residui lembi di vegetazione spontanea.

La Puglia è una delle regioni italiane più ricche di vegetazione arborea, che solo raramente è però spontanea. Quella che in passato fu definita la “terra delle querce”, è adesso la regione più povera di boschi: appena il 7% della superficie territoriale, contro più del 20% della media italiana, il che è sicura testimonianza della diffusa utilizzazione rurale del territorio. Anche qui vi sono però, diversità notevoli. La subregione più favorita è certamente il Gargano, che come superficie boschiva, si avvicina alla media nazionale.

È quello che resta delle magnifiche foreste garganiche cantate da Orazio. Il diboscamento prima, uno sfruttamento turistico spesso irrazionale e i numerosi incendi (spesso dolosi) poi, hanno depauperato gravemente la verde coltre forestale che ammantava il promontorio. Pur se molto ridotta, la copertura di pini d’Aleppo si stende ancora per circa 8000 ettari, soprattutto lungo le coste, nella zona garganica nord-orientale (da San Menaio a Santa Maria di Merino) e in quella sud-orientale (da Vieste a Mattinatella).

La vegetazione arborea più diffusa è rappresentata da latifoglie, come le querce, che dominano in una notevole varietà di specie. Con l’aumentare delle quote cominciano a trovarsi i faggi, che sull’altopiano garganico si addensano in una delle più belle e conosciute faggete esistenti in Italia: è quella che si trova nei 15.000 ettari della Foresta Umbra, gioiello vegetale del Gargano e della regione. Abbastanza ricca e varia, pur se in termini relativi, è anche la fauna garganica, o almeno quanto ne resta. Scomparso il lupo, reintrodotto (nelle riserve di caccia) il cinghiale, rimangono però i piccoli caprioli garganici, le faine, i tassi, i gatti selvatici, le volpi, gli scoiattoli e parecchie specie, anche rare, di uccelli.

Rubrica mensile “Cosa vedere in Puglia?” Uscita n° 11 Gennaio 2024

Ambiente protetto

La regione Puglia mostra una notevole sensibilità alla salvaguardia ambientale: infatti con la legge regionale 19/1997, adeguandosi alla normativa nazionale e comunitaria, ha individuato le aree protette nazionali e regionali e fornito i principi per valorizzare il vasto e pregevole patrimonio naturalistico. La notevole biodiversità di specie (le varietà floristiche presenti rappresentano il 39% di quelle italiane e, di queste l’8% è incluso nelle liste rosse regionali delle piante d’Italia), i numerosi e differenti habitat, nonché il patrimonio forestale rappresentano dei punti di forza da conservare e valorizzare.

Tuttavia gli ecosistemi regionali sono soggetti alla invadenza delle attività agricole, con il rischio reale di frammentare gli habitat per la progressiva colonizzazione dello spazio da parte di queste attività; alla forte pressione esercitata, soprattutto sugli ecosistemi costieri, dalle attività turistiche; ai numerosi e ricorrenti incendi che assottigliano il patrimonio boschivo.

Su un territorio regionale di quasi due milioni di ettari si sviluppa un sistema di aree protette che si articola in zone umide di importanza internazionale, aree protette nazionali, aree protette regionali. Le aree protette di livello nazionale includono due parchi nazionali, tre riserve naturali marine, sedici riserve naturali terrestri dello stato. Inoltre, vi sono numerose aree naturali protette di livello regionale.

Rubrica mensile “Cosa vedere in Puglia?” Uscita n° 12 Febbraio 2024

La salvaguardia delle zone umide

Le zone umide sono ciò che rimane di vaste zone costiere sottoposte a bonifica idraulica. Esse rappresentano ecosistemi fondamentali per la sopravvivenza di specie migratorie in quanto situate lungo le rotte tra l’Africa, l’Asia Minore e l’Europa. Lungo l’Adriatico sono distribuite venticinque di queste, con una superficie totale di circa 20.000 ettari. Se ne aggiungono poche altre, di minore estensione, lungo il versante ionico.

Partendo da nord, di rilevante interesse per differenze e specie vegetali e animali presenti sono la foce del Fortore, la duna di Lesina (1500 ettari), i laghi di Lesina e Varano (12.000 ettari), sul versante settentrionale del Gargano. Oltre all’elemento idrico principale che li connota, tali aree sono caratterizzate da piccoli corsi d’acqua, risorgive, spiagge e paludi.

La vegetazione varia dai boschi di pino d’Aleppo alla gariga mediterranea (mirto, rosmarino, lentisco, ginepro), dalla vegetazione palustre alle acacie. La fauna più significativa è costituita da lontre, tassi, lepri, aironi, pivieri, falchi pescatori, cicogne, tartarughe marine e terricole. A sud del Gargano, nel comune di Manfredonia, vi è la vasta area della Piana del Candelaro. Essa comprende le foci del Candelaro e del Carapelle, per un’estensione di circa 6000 ettari, ed è caratterizzata dal tratto terminale dei due fiumi, da paludi e spiagge. La vegetazione è quella tipica delle aree saltuariamente sommerse da acqua salmastra.

Procedendo ancora verso sud, dopo pochi chilometri si incontrano le saline di Margherita di Savoia, un’estensione di oltre 4000 ettari che al tempo stesso costituisce la più grande salina d’Italia e un’area umida caratterizzata da vegetazione alofila e fauna di passo. Bisogna arrivare in provincia di Brindisi per trovare un’altra zona umida di rilevante interesse. Intorno a una torre cinquecentesca, Torre Guaceto, si sviluppa un’area di circa 1000 ettari formata da boschi, spiagge, cordoni dunali, paludi e piccoli corsi d’acqua. La vegetazione più significativa è costituita dalla macchia mediterranea e dal giuncheto.

Sul versante ionico aree umide dall’ampiezza limitata.

Per le sue caratteristiche peculiari questa zona è stata riconosciuta area protetta d’interesse internazionale dalla convenzione di Ramsar dell’UNESCO. Dal 1991, assieme a 2227 ettari di mare prospiciente che formano la Riserva marina, costituisce un’area protetta nazionale. Sul versante adriatico della provincia di Lecce spiccano due ampie zone umide: la prima, di circa 1000 ettari, contiene l’area protetta nazionale delle Cesine (349 ha) e di San Cataldo (28 ha); la seconda, a nord di Otranto, di 1800 ettari circa, si impernia sui laghi Alimini.

Esse sono caratterizzate da boschi, laghi, paludi, spiagge e corsi d’acqua. La vegetazione significativa è quella tipica dei laghi retrodunali, costituita da pino d’Aleppo, leccio, ginepro coccolone, olivastri e giunchi. Interessante è la presenza della lontra, del tasso, del riccio, del falco pescatore e della cicogna.

Sul versante ionico si susseguono, da sud a nord, aree umide di rilevante interesse ma di ampiezza limitata: la Palude del Conte (1300 ha), tra Porto Cesareo e Nardò; il fiume Chidro (60 ha), in territorio di Manduria, formato da una risorgiva di acqua gelida che alimenta un corpo idrico il quale, pur sviluppandosi soltanto per alcune decine di metri, origina un habitat unico; Punta Calmiera (10 ha), ancora nel territorio di Manduria, formata da palude e bosco con macchia mediterranea. Infine, nella parte occidentale della provincia di Taranto, 90 ettari di ambiente palustre nel territorio di Ginosa (lago Salinella).

Rubrica mensile “Cosa vedere in Puglia?” Uscita n° 13 Marzo 2024

Le Isole Tremiti

Poste a 22 chilometri a nord del promontorio del Gargano, le Tremiti sono l’unico gruppo insulare non lagunare, ubicato lungo la costa italiana dell’Adriatico. Amministrativamente rientrano nella provincia di Foggia, di cui costituiscono l’omonimo comprendente anche l’isola di Pianosa. Separate da canali poco profondi, sorgono su una piattaforma di rocce calcaree risalenti al cretaceo e all’eocene; le coste, alte e rocciose, sono movimentate dalla presenza di numerose grotte.

Riserva marina dal 1989, fanno parte del Parco Nazionale del Gargano. Distante una ventina di chilometri dalla costa garganica settentrionale, il piccolo arcipelago (circa 3 km²) è formato da tre isolotti calcarei (San Domino, San Nicola e Capraia o Caprara, di cui solo i primi due popolati) e da alcuni scogli. Già abitate in epoca remota, le Tremiti erano chiamate dagli antichi Insulae Diomeeae, perché la leggenda narrava che vi sarebbe stato sepolto il mitico eroe greco.

Tristemente famose in passato come isole di confine, le Tremiti sono divenute oggi meta turistica di grande richiamo grazie alla bellezza dell’ambiente, al clima gradevole, alla limpidezza delle acque e alle coste, ripide, ininterrottamente segnate da cale e grotte. Di queste ultime le più famose si aprono sull’orlo costiero dell’isola di San Domino: la grotta del Sale, la grotta delle Viole, la grotta delle Murene, la grotta del Bue Marino, la grotta delle Rondinelle e la grotta del Coccodrillo.

Il turismo come fonte di sostentamento principale.

Nell’economia di queste isole ha poco rilievo l’agricoltura, caratterizzata – dati i locali problemi di disponibilità idrica – da colture che sopportano la lunga siccità estiva; le rocce calcaree che costituiscono la quasi totalità del piccolo arcipelago, affiorano largamente e, di conseguenza, il terreno agrario è scarso. Al contrario è diffusa la vegetazione spontanea: crescono in abbondanza le barbe di becco, il rosmarino, il lentisco, il corbezzolo, la mortella e l’alisso. Insomma gran parte di quelle piante tipiche della macchia mediterranea.

Tra le specie che popolano le sporadiche aree di bosco, merita di essere ricordato il pino d’Aleppo, il quale riveste dirupi a picco sul mare di San Domino, la più occidentale delle isole. Se l’agricoltura delle Tremiti è povera, come anche l’allevamento, il turismo rappresenta l’attività economica prevalente e quella che di più ha contribuito a modificare non soltanto l’organizzazione del territorio, ma anche le abitudini di vita della popolazione.

Rubrica mensile “Cosa vedere in Puglia?” Uscita n° 14 Aprile 2024

I Parchi Nazionali

L’area protetta più ampia della regione è senza dubbio quella che costituisce il Parco Nazionale del Gargano (121.118 ettari, pari a circa il 50% del territorio dei 18 comuni che ne fanno parte). E’ stato istituito nel 1991, ma solo nel 1995 si è proceduto alla perimetrazione, alla designazione degli organi e alla definizione dei compiti. Questi, al di là della semplice tutela di ambienti naturali si propongono di salvaguardare il territorio nella sua interezza e complessità:

  • beni architettonici, come le masserie fortificate e le torri costiere;
  • beni culturali, come le pratiche rurali che si sono iscritte nel paesaggio con il terrazzamento dei pendii, la costruzione di muretti a secco, la produzione di carbone di legna con la tradizionale tecnica della carbonaia;
  • centri storici medievali;
  • abbazie che furono tappe lungo la via sacra Langobardorum per i pellegrini diretti al santuario di San Michele Arcangelo.

La Foresta Umbra e la “faggeta depressa”.

Il nucleo principale del parco è costituito dalla Foresta Umbra. Essa ha una superficie complessiva di circa 8.300 ettari ed è caratterizzata da boschi, praterie, fenomeni carsici di ogni tipo. In particolare, nel territorio di Sannicandro Garganico è presente la dolina Pozzatina, i cui versanti sono arricchiti da una folta vegetazione spontanea di leccio, acero e roverella. La caratteristica principale per la quale la Foresta è conosciuta è la presenza della “faggeta depressa”, a quote sorprendentemente basse; infatti, in questo sito il faggio si sviluppa tra i 270 e i 980 metri, mentre nel resto d’Europa parte da 800 – 1000.

Pur essendo una pianta igrofila e mesofila, quindi con esigenze ben diverse da quelle presenti generalmente nel Gargano, la faggeta si afferma a quote molto basse grazie al persistente grado di marittimità del clima locale, caratterizzato da correnti cariche di umidità provenienti dai quadranti settentrionali che, anche quando non originano precipitazioni, determinano un’elevata umidità atmosferica. La faggeta si presenta distinta in tre nuclei principali: il bosco di Ischitella e Carpino (1200 ettari), dove è stata istituita l’omonima riserva naturale biogenetica, il bosco Umbra – Iacotenente – Sfilzi (3200 ettari) e quello di Monte Spigno (800 ettari).

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