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Torre Cesarea nel dopoguerra: dal centro ai ricongiungimenti di Corea e Cina

a cura di Salvatore Muci

Nella nuova Torre Cesarea del periodo post – unitario, s’intravedeva dall’attuale Piazza Risorgimento alla Torre ispanica, un folto nucleo abitativo caratterizzato da quel fenomeno antropologico denominato nomadismo marinaro, cresciuto nel tempo nei limiti del territorio sopra denominato. Le case di legno, le baracche giungevano a una numerazione superiore alla trentina di unità, e si notavano dall’attuale fabbrico sito a ponente (dove attualmente ci sono dei grossi esercizi commerciali), alla torre e continuavano a levante sino alla taverna, fabbrico dove oggi risiedono altri esercizi commerciali.

Nel tempo quel territorio che comprende il cosiddetto fondo di Cesaria, si è popolato di tanta gente, domiciliate in vari tipi di abitazioni, anche un po’ rustiche e di aspetto rurale, che dall’attuale piazza continuavano per il corso Garibaldi. Alcuni che hanno studiato il fenomeno antropologico cesarino, dalla metà dell’800 al dopoguerra, hanno quasi tutti riscontrato nel determinato territorio, l’aspetto demaniale. Studiosi come Casotti e Trinchera, nei loro scritti parlavano chiaramente dell’inconsistenza territoriale del feudo.

Torre Cesarea nel dopoguerra: cosa comprendevano Corea e Cina?

Comunque sino al dopoguerra, tutto il corso centrale dell’attuale via Petrarca, era tutto abitato da numerose famiglie, di stampo marinaro di Torre Cesarea. In ogni famiglia risultavano più figli, da sei fino a dieci. Dal dopoguerra la borgata e poi frazione di Nardò, giungeva alle uscite per Leverano e Veglie. I ricongiungimenti a entrambe le strade, s’appellavano Corea e Cina. Quella parte di Porto Cesareo nominata la Corea, era compresa dall’incrocio che va per la litoranea di levante che costeggia sino a Sant’Isidoro e poi per Santa Caterina, Quattro Colonne e Gallipoli, alla via dove era ubicato sino a una decina d’anni fa, il forno di Gigi Greco.

Ovviamente anche le strade che finivano alla nostra spiaggia, come via Colombo, Murri al Casotto o faro piccolo, e in quel largo dove è ancora presente una fontana del periodo fascista, limitate tutte da un muretto a secco, erano i confini della masseria Sarmenta. Queste parti di terra descritte, era il territorio della Corea. Quella che si chiamava Cina era ristretta nei limiti e confini dell’attuale chiesa nuova all’edificio scolastico, continuava per la strada che s’immetteva su via Vespucci e dopo la strada per Veglie e l’incrocio, per la via della masseria Cormonese.

Lungo le suddette vie erano comprese in detta zona, tutte quelle per l’interno che giungevano sino ai bacini o canali, Tamaro, Scalo di Forno, le Dune, la Chianca e la via per Torre Lapillo. Facciamo riferimento soprattutto dalla via Marinaci e da lì al Cormonese. Nel territorio appellato la Cina, si comprendono anche quelle vie, dove sono presenti tutti gli immobili che appartenevano alle colonie e case che fiancheggiavano. Per cui la Cina arrivava sino alla masseria del primo ponte o dei Livraghi e alle palazzine dell’Opera Nazionale Combattenti (O.M.C.).

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