Santa Cesarea Terme onora la sua Patrona Santa Cesaria Vergine: mercoledì 11 settembre la suggestiva processione in barca
La Redazione
8 – 9 -10 settembre
Triduo di preparazione in onore a Santa Cesarea
11 settembre
17:30 Processione tra le vie di Santa Cesarea Terme con il simulacro
18:30 Imbarco per la processione in mare in zona Fontanelle, rientro presso il Caicco
20:40 Solenne concelebrazione eucaristica presieduta Monsignor Francesco Neri, Arcivescovo di Otranto. Consegna delle chiavi del Sindaco Pasquale Bleve a Santa Cesarea.
21:45 Gran Concerto Lirico Sinfonico di “Terra d’Otranto” col direttore e M° Irene Corciulo
23:00 Spettacolo pirotecnico
12 settembre
08:30 / 11:00 Santa Messa a Santa Cesarea Terme nella parrocchia “Sacro Cuore di Gesù”
18:30 santa Messa e preghiera di affidamento
21:30 Serata musicale con “Tributo a Lucio Battisti“.
Cesaria, il mito della purezza
a cura di Vittorio Zacchino
Questa mitica giovinetta è vissuta probabilmente, nei primi secoli dell’affermazione del Cristianesimo, e nonostante l’inflazione di agiografie, la sua è una figura destinata a rimanere avvolta nelle nebbie della leggenda. Cesaria, tuttavia si materializza, per così dire, nei tre topoi salentini che da lei hanno preso nome: Santa Cesarea Terme sull’Adriatico, Porto Cesareo (il porto di Cesaria sullo Jonio, attestato in età angioina), San Cesario, cittadina a qualche chilometro da Lecce.
Santificata a furor popolare, da genti che in ogni tempo si sono commosse al suo tristissimo caso, Cesaria si è guadagnata un posticino nel panorama martirologico, e la sua biografia è stata regolarmente inclusa negli Acta Sanctorum (volume III, Venezia 1738) a cura di Bollandisti. Buona parte della sua fama si deve alle discussioni caprine a proposito del luogo che le diede i natali, Francavilla Fontana nel brindisino, oppure lo scomparso casale medievale di Francavilla nel contado di Maglie, ma anche Nardò e Castro: i biografi infatti si contesero la concittadinanza della mitica ragazza, cercando con umana debolezza, di far prevalere il prestigio del proprio paese nativo.
Un solo dato è fuori discussione e da tutti accolto: quello relativo alla vicenda umana della santa che si svolse nello scenario naturale delle grotte marine di Castro, e si collega alle acque sulfuree del sito. Su questo punto fanno testo, evidentemente, la famosa leggenda raccolta e tramandata dal celebre medico umanista Antonio Galateo, e la presenza di edicole devozionali in onore della Santa.
La leggenda che percorre la storia di Santa Cesaria Vergine.
La struttura di base della leggenda cesariana, che è popolare ma ha dato luogo a varianti colte, è la seguente: Cesaria, avvenente ragazza salentina, aveva suscitato le brame incestuose del padre, il quale la insidiava e incalzava tenacemente. Per guadagnare tempo, la ragazza aveva simulato di lavarsi i piedi, ma in realtà ella aveva affidato la copertura della propria fuga al gentile sbatter d’ali di due colombi, legati ad una conca d’acqua. Più tardi l’uomo si era accorto dell’inganno e aveva iniziato a darle la caccia.
L’aveva raggiunta all’ingresso della grotta grande e si accingeva ad usarle violenza, quando un fulmine aveva centrato il malvagio facendolo precipitare nell’acqua marina. Questa, al contatto del corpo malefico dell’incestuoso, era divenuta puteolente, e quindi sulfurea. La presenza dello zolfo nelle acque di Santa Cesarea Terme richiama l’antico mito pagano dei Giganti e Leuterni ribelli a Zeus e, pertanto, affrontati e sterminati da Ercole fin sulle coste dell’estremo Salento: dissolvendosi in mare, i corpi dei malvagi avevano reso fetide le acque in quel punto.
Agli inizi del Medioevo la leggenda cristiana, che insiste sulla memoria di Cesaria nella grotta, si innesta sul mito dei giganti e, come avverte acutamente Nicola De Donno, opera un capovolgimento di valori teso a esaltare l’utilità terapeutica di quelle acque. Poi, agli inizi del ‘500, il medico Antonio Galateo si fa veicolo di promozione delle acque cesariane, e quindi della leggenda che la gente si tramanda da secoli.
Gli studi e gli approfondimenti del medico Antonio Galateo.
Il passo dell’umanista riferisce di Cesaria quel che si diceva di lei nel 1511, al tempo della redazione del notissimo “De Situ Iapygiae”. Esso contiene alcuni elementi dell’immaginario popolare che arricchiscono la struttura nucleare della leggenda: “La gente del posto sostiene che nella grotta si nascose Santa Cesarea per scampare al furore del padre. Né mancano quelli che attestano di aver visto lì la santa che recava una lampada in mano. Non ci si può avvicinare alla grotta se non quando il mare è tranquillo. Si dice che una madre atterrita dalla tempesta improvvisamente sorta, lasciò lì il figlio, ed è fama che la santa lo nutrì per un intero anno”.
Implicitamente la leggenda conforta le proprietà terapeutiche delle acque, le quali si rivelano benefiche per tutti, qualunque ne sia l’età, dal momento che vi avevano potuto soggiornare per un anno sia la santa che il bambino. Lo stesso Galateo ci fa sapere di aver scritto una poesia in onore di Cesaria che iniziava col verso: “Nascondendosi la Santa nelle estreme latebre”, e di averla dedicata al vescovo di Nardò Antonio De Cariis (1507 – 1516). Da questa asserzione può dedursi che l’interesse dell’umanista non fu soltanto di carattere medico, ma si estese alle sfere dell’umano e del sacro.
La poesia galateana purtroppo è perduta, ma l’unico verso superstite fa supporre che l’autore aveva inteso valorizzare le rare virtù di questo personaggio singolare, di questo straordinario modello femminile assurto, nel tempo, ad illustrazione e decoro della nostra provincia. La figura di Cesaria appartiene all’immaginario popolare (ve n’è già traccia nel brano galateano) che se n’è impadronito e l’ha utilizzata molto liberamente nella letteratura devozionale, didascalica, folkloristica.
La tenerezza per l’infelice ragazza braccata dal padre incestuoso, la sua fedeltà ad un ideale di purezza cristiana, i segni soprannaturali che la soccorrono nel momento del pericolo, tutto ciò si compendia nella colorita espressione popolaresca:
àprite monte, e nghiuttite Cisaria,
e li stuali de sirma, pice e ‘nzurfu.
(apriti monte, ed inghiotti Cisaria
e gli stivali di mio padre riduci a pece e zolfo).
Così Cesaria poté serbarsi casta e inviolata. In tempi di disordine morale e di incontrollate violenze, il dramma di questa ragazza richiama le mostruosità sessuali che esplodono quotidianamente, in famiglia e fuori casa, e che continuano ad alimentare la cronaca nera. Sebbene inattendibile e priva di spessore storico, Cesaria simboleggia ancor oggi, un sapore d’innocenza antico che è, in definitiva, il diritto della donna ad essere trattata come persona, e non come merce. La stessa difesa di sé dal furore cieco della lussuria riassume i rischi cui sono esposti tanti minori del nostro tempo, disarmati di fronte alla depravazione dei loro stessi parenti.
Fonte: “Le Salentine – Genio e condizione della donna in terra d’Otranto.