TERRA NOSCIA

La zeppola di San Giuseppe, un dolce omaggio per i nostri papà

a cura di Federica Carpentieri

Sono un vanto della pasticceria italiana, una di quelle bontà radicate nella tradizione napoletana. E pian piano diffusa in altre località (e nelle pance!) italiane: parliamo di sua maestà la zeppola! Dolce tipico della festa del papà, con diverse varianti di farcitura in base alle regioni nelle quali viene preparata. E’ una sorta di bignè che prende il nome di “zeppola di San Giuseppe”. Secondo la tradizione, dopo la fuga in Egitto con Maria e Gesù, San Giuseppe, non più solo falegname, fu “costretto” a vendere frittelle per poter mantenere la famiglia in terra straniera.

La più antica ricetta ufficiale della zeppola risale al 1837. Infatti nel Trattato di Cucina teorico-pratica del celebre gastronomo Ippolito Cavalcanti ne troviamo traccia, con riferimento anche alla genesi del nome che alcuni fanno derivare dal dialettale “serpula(m)” per la forma simile a quella di un serpente attorcigliato. Altri sostengono invece che il nome derivi da zeppa, dal latino “cippus”, con cui a Napoli si identifica il fermo di legno utilizzato per correggere i difetti di misura nei mobili. Ancora una volta, dunque, sarebbe evidente il riferimento al mestiere di San Giuseppe.

La ricetta della zeppola di San Giuseppe classica suggerita dal Cavalcanti, prevedeva l’utilizzo di pochi ingredienti: farina, acqua, un po’ di liquore d’anice, marsala o vino bianco, sale, zucchero e olio per friggere. Nonostante la prima stesura della ricetta sia del 1837, sembra che le originali zeppole risalgano a secoli precedenti. Si narra che già nel 1400 rientrassero addirittura tra i “privilegi” del Viceré di Napoli, Juan II de Ribagorza.

Ci sono varie ipotesi sull’invenzione di questo dolce che alcuni attribuiscono alle suore di San Gregorio Armeno, altri a quelle della Croce di Lucca, altri ancora a quelle dello Splendore, sempre a Napoli. Proprio nella città partenopea, per una sorta di devozione al Santo, pare si sia sviluppata la tradizione degli zeppolari di strada.

Anche Goethe racconta della zeppola durante il suo trascorso a Napoli.

Pochi anni fa poteva capitare di imbattersi, per i vicoli di Napoli, in questi artigiani della pasticceria che si esibivano nella creazione della loro saporita “opera d’arte” che gli avventori potevano poi acquistare e gustare!

Zeppole di san Giuseppe

Lo stesso Goethe, in visita nel capoluogo partenopeo verso la fine del 1700, raccontava così: “Oggi era anche la festa di S. Giuseppe, patrono di tutti i frittaroli, cioè venditori di pasta fritta… Sulle soglie delle case, grandi padelle erano poste sui focolari improvvisati. Un garzone lavorava la pasta, un altro la manipolava e ne faceva ciambelle che gettava nell’olio bollente, un terzo, vicino alla padella, ritraeva con un piccolo spiedo, le ciambelle che man mano erano cotte e, con un altro spiedo, le passava a un quarto garzone che le offriva ai passanti… ”.

Un’altra leggenda lega le zeppole ai “Liberalia”, le feste organizzate dai romani in onore delle divinità dispensatrici di grano e vino. Durante queste celebrazioni, che si svolgevano il 17 Marzo per omaggiare Bacco e Sileno, si brindava con vino e ambrosia accompagnati da deliziose frittelle di frumento, cotte nello strutto. Probabile che le zeppole che oggi portano il nome del Santo altro non siano che le dirette discendenti delle frittelle romane.

Questo dolce, una pasta di choux fritta o al forno farcita con crema pasticcera, crema al cioccolato o amarena (ma se ne possono gustare mille varianti), è ormai consumato tutto l’anno sulle tavole imbandite delle famiglie. Si assapora ed apprezza soprattutto in occasione del 19 marzo. E’ il giorno nel quale le zeppole diventano per tutti un omaggio ed un inno alla dolcezza e alla genuinità dei nostri papà.

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