Don Salvatore Nestola stasera a Porto Cesareo per celebrare i 60 anni di sacerdozio
La Redazione
Una giornata di festa attende l’amato parroco Don Salvatore Nestola, oggi attivo come collaboratore di Don Sandro Aluisi, presso la parrocchia del Sacro Cuore di Gesù a Copertino. Oggi a partire dalle 19:00 si terrà la solenne Celebrazione Eucaristica dell’Anniversario dell’Ordinazione Sacerdotale, nella chiesa “B. V. Maria del Perpetuo Soccorso” di Porto Cesareo, alla presenza dello stesso Don Salvatore.
In questo momento di particolare gioia ed emozione allo stesso tempo, gli sono particolarmente vicini i fedeli di Copertino, ma anche di Porto Cesareo, nel quale ha trascorso una fetta importante del suo percorso religioso. Per conoscere meglio questa straordinaria figura del nostro tempo, a seguire un’esclusiva intervista rilasciata alla nostra redazione. Era il luglio 2014, quando venne pubblicata sulla nostra versione cartacea. Buon anniversario caro Don Salvatore!
INTERVISTA LUGLIO 2014
A un passo dai suoi 50 anni di Ministero Presbiteriale, un’intervista a cuore aperto con Don Salvatore Nestola.
a cura di Vanessa Paladini
Don Salvatore Nestola, classe 1939, è ordinato sacerdote nella chiesa “San Giuseppe Patriarca” il 07/07/1963. Ha effettuato servizio sacerdotale a Porto Cesareo dal 1985 al 2002, ma già a partire dal 1971 affianca Don Lorenzo Marzio Strafella con il ruolo di viceparroco. In procinto di celebrare i suoi 50 anni di Ministero Presbiteriale, Don Salvatore si abbandona a vecchi e nuovi ricordi, rimarcando il suo legame con Porto Cesareo e rimembrando – sia affettuosamente che nostalgicamente – il rapporto di fiducia instaurato con i fedeli del luogo.
– Don Salvatore avvio questo colloquio chiedendole la ragione per la quale ha deciso di dare la vita per la religione.
– Fin da bambino ho ammirato molto la figura di un parroco che celebrava la messa a Copertino e che aveva il mio stesso nome e cognome. Pensavo tra me e me che mi sarebbe piaciuto un giorno declamare il Vangelo come faceva lui. Purtroppo, però la mia famiglia era povera, eravamo otto fratelli, e mio padre non aveva abbastanza soldi per farmi iniziare subito quel tipo di carriera.
Nel 1950 però, i miei genitori decidono di farmi entrare comunque in seminario a Nardò, nel quale sono rimasto sino al 1955. I miei propositi circa il futuro non erano ancora definiti intorno ai 20 anni. Solo alla fine del luglio 1962 prendo una decisione effettiva e faccio finalmente ingresso negli ordini sacri per poi essere ordinato sacerdote il 7 luglio del 1963.
Il ruolo cruciale della famiglia per i giovani.
– I suoi familiari quindi hanno reagito bene a questa sua decisione nonostante le ristrettezze economiche?
– Certo, erano contentissimi del sacerdozio. Erano orgogliosi del fatto che in casa nostra ci fosse qualcuno che un giorno avrebbe celebrato messa e poi erano molto legati al parroco di allora. Ricordo che mio nonno materno, appresa la notizia, mi disse: “Se penso che uno come te ha avuto questa vocazione allora il Signore è grande”.
– Cosa chiedono oggigiorno i giovani ad una figura come quella del sacerdote?
– I giovani chiedono che il sacerdote passi molto tempo accanto a loro e che si collochi al loro livello. Che si stia meno “seduti in cattedra” e che ci sia più partecipazione in tutti i sensi, scendendo così dal “prestigio” al servizio. Un servizio autentico, senza volerseli ingraziare a tutti i costi perché anche se un sacerdote porta dentro una realtà più grande di sé non deve togliere la genuinità al suo messaggio.
I giovani hanno bisogno di essere richiamati all’autenticità della vita! Prima, la famiglia la scuola e la parrocchia erano le vere realtà esistenti, ora invece queste entità sono state offese. Le famiglie danno molta libertà ai ragazzi che fanno tutto ciò che gli passa per la testa anche quando maturano in loro pensieri nocivi.
Un buon sacerdote cura la vita della cultura, spirito e preghiera.
– Spesso si sente dire, in modo quasi offensivo, “Ma cosa fa un sacerdote?” Lei come risponderebbe a questa domanda, se le venisse fatta?
– Cosa fa un sacerdote? Quello che fa un papà, cura la vita. La vita della cultura, la vita dello spirito e la vita della preghiera. Un parroco è tale in quanto non solo gestisce una parrocchia e promuove la fede cristiana dei battezzati ma anche perché è nominato Ministro del culto cattolico.
Nella mia esperienza di sacerdozio ho accolto molta gente con le lacrime agli occhi, che veniva a parlare con me anche a tarda notte. Un sacerdote ascolta, come ho fatto io, le sofferenze dei fedeli e prega per loro silenziosamente. Ricordo che quando ero accanto a Don Lorenzo, a Porto Cesareo, la sua auto veniva messa a disposizione per chi ne aveva bisogno, anche per gente che doveva partorire.
Un legame indissolubile tra Don Salvatore e Porto Cesareo.
– Com’è attualmente il rapporto con i fedeli a Copertino e com’era invece quello con i fedeli di Porto Cesareo?
Io a Porto Cesareo sono cresciuto come prete affiancando appunto Don Lorenzo ed accanto a lui sono maturato. Devo dire che a Porto Cesareo sono stato a mio agio anche perché per ben 14 anni sono stato viceparroco. Il rapporto che si era creato con la gente del posto era molto stretto e ascoltava con immenso piacere le liturgie. Non avrei mai chiesto al vescovo, di mia spontanea volontà, di farmi cambiare sede.
Ma al mio vescovo dovevo – e devo – obbedienza, nonostante mi costasse molto andare via. A Copertino ho trascorso male i mesi di luglio e agosto dell’anno 2002, in chiesa non c’era gente ed io non sentivo il calore dei miei concittadini. Con il passare del tempo ho trovato un esiguo gruppo di famiglie con il quale ho instaurato un bel rapporto, ma purtroppo non sono riuscito a legare così tanto come con le famiglie di Porto Cesareo. Una cosa che mi dispiace è che ci sia un impoverimento spirituale e culturale dei giovani che viene lenito solo durante l’inverno, dove la parrocchia diviene un luogo di ritrovo per grandi e piccini.
Nell’immagine in alto, Don Salvatore Nestola, nel giorno della Dedicazione della chiesa a Porto Cesareo.