Settimana Santa a Gallipoli: devozione, tradizione e piatti tipici nella città bella
a cura di Massimiliano Dei Sommi
Momento attesissimo per Gallipoli è la Settimana Santa con i suoi riti. Da ogni dove i cittadini della città bella ritornano in questo periodo per poter vivere in maniera attiva i vari aspetti di questo tempo forte dell’anno. Il cuore del gallipolino si scioglie dinanzi a tutto ciò, e per una settimana il tempo sembra fermarsi.
Ma ancor prima di giungere a quella fatidica settimana, a Gallipoli, vi sono alcune pie pratiche devozionali che iniziano già molto tempo prima. In preparazione ad uno dei più grandi eventi, prima della Pasqua, si fanno i cosiddetti “sette venerdì dell’addolorata”. Sette venerdì precedenti al giorno della Processione del venerdì prima della domenica delle Palme, quando si fa memoria di Maria Santissima sotto la croce.
Questa ampia pratica che consiste sostanzialmente nella preghiera alla Madonna Addolorata si tiene nella chiesa della Confraternita del Carmine, nella città vecchia, dove la statua della Madonna viene esposta con la veste ordinaria. Nei venerdì di Quaresima vi è anche la pia pratica delle piaghe del Signore nella rettoria della Confraternita dell’Immacolata.
Fino a una ventina di anni fa erano molto caratteristiche. I confratelli, ciascuno portando uno strumento di penitenza (uno con la croce e con le pietre al collo le cosiddette mazzare, l’altro fustigandosi con la disciplina reggendo una croce in mano) in gruppi di tre, recitavano la coroncina per ognuna delle 5 piaghe. E mentre il popolo recitava l’Ave Maria, procedevano lentamente in ginocchio a partire dal fondo della chiesa fino all’altare. Qui era deposta una croce per terra e la baciavano.
Settimana Santa a Gallipoli: la particolare Marcia della Madonna.
Ritornando alla Madonna Addolorata, il mercoledì prima della quinta domenica di Quaresima, quella cosiddetta delle cruci cuperte (per antica tradizione della chiesa si soleva coprire i crocefissi con un panno), la statua viene sistemata solennemente con il vestito buono e con tutto l’apparato: corona d’oro e gioielli. Il giovedì comincia il settenario con l’esecuzione, a due voci, delle litanie lauretane musicate da Giovanni Monticchio. Fino ai primi anni del 2000 tutto il settennio si faceva nella chiesa confraternale. Poi per ragioni di spazio, la statua venne traslata in cattedrale (il mercoledì).
Il giorno dopo inizia il settenario fino al giovedì successivo, che è un giorno di preparazione esterno al settenario, il cosiddetto “giorno degli uffici”. Si celebra l’ufficio delle letture, dopo aver riportato la statua dalla Cattedrale nella chiesa del Carmine. Particolarità vuole che la mattina del venerdì della Memoria dell’Addolorata, la banda gira nel paese suonando marce festose.
Dalle 12:00 in punto, quando esce poi esce la statua dalla Chiesa del Carmine, per trasportarla nella Cattedrale ove vi sarà la Santa Messa presieduta dal Vescovo, si seguono soltanto le “marce della Madonna”. Non sono vere e proprie marce funebri, ma sono delle composizioni lugubri di autori locali. Dopo la Messa c’è l’esecuzione dell’oratorio sacro, una composizione strumentale e corale. A seguire la Processione si snoderà per le vie della città fino a rientrare in serata.
Settimana Santa a Gallipoli: dal tradizionale “trapasso” agli altari della reposizione.
Al rientro nella città vecchia, la statua si affaccia al porto per la benedizione del mare e dei naviganti e dopo ritorna in chiesa. Tradizione culinaria di questo giorno era il cosiddetto trapasso. Si digiunava tutto il giorno e la sera poi, una volta rientrata la Madonna, si mangia la pasta alla pizzaiola. Oppure altra scuola di pensiero narra che si debba mangiare a sera la pasta aglio e olio, i fagioli a pranzo.
Il Giovedì Santo si celebra la Messa “In Coena Domini”, con la tradizionale lavanda dei piedi in Cattedrale. Vengono così allestiti gli altari della reposizione in diverse Chiese: nella chiesa delle suore di Santa Teresa, chiesa delle Anime, chiesa del Rosario, chiesa confraternale di San Francesco di Paola e infine chiesa dell’associazione cattolica di San Luigi Gonzaga.
Le altre Chiese che invece non allestiscono il repositorio il giovedì, preparano “il mistero” (rappresentazione della Passione di Gesù) il venerdì Santo. Ci riferiamo alla chiesa del Carmine, chiesa dell’Immacolata, chiesa di San Giuseppe e chiesa della Purità. Ogni confraternita, tra la sera del Giovedì Santo e la mattina del Venerdì, in orari differenti, fa la cosiddetta visita ai Repositori.
Si formano piccole processioni di confratelli incappucciati che sono aperte chiaramente da tromba e tamburo, il “pennone”, la croce dei misteri e un animatore (Padre spirituale o diacono).
La Processione dei Misteri, uno dei momenti più attesi.
Il Venerdì Santo, oltre l’Azione Liturgica, la cosiddetta Messa sciarrata, vi è la sentitissima Processione dei Misteri, ossia le varie rappresentazioni della Passione di Gesù. La titolarità di questa Processione spetta, per un decreto di Monsignor Biagio D’Agostino del 1957, alla Confraternita del Santissimo Crocifisso che porta in Processione il Cristo morto.
A partire dal 1985 furono commissionate le altre rappresentazioni dei misteri. Prima infatti usciva soltanto la statua di Cristo morto del 1836, opera dell’artista Bellisario Rossi, che andò a sostituire quella antica che andò perduta l’Epifania dello stesso anno, a causa di un incendio. La caratteristica di questa statua è la mano sospesa che fa pensare che potesse provenire quindi da un gruppo scultoreo.
Ciò permette di creare una vera e propria scena attorno al Cristo morto, con delle statue, una serie di arredi, figure angeliche, putti, e il baldacchino floreale. Ogni anno c’è una composizione nuova, anche se spesso si ripropongono vecchi disegni a cadenza ciclica.
Il decreto del ’57 prevedeva anche per le Confraternite a devozione mariana, ossia quella degli Angeli e della Purità, di alternarsi negli anni nel fare una Processione all’alba del sabato Santo con la propria effige dell’Addolorata. Poi, dopo varie diatribe, negli anni ’70 venne istituita la Processione della Madonna Desolata organizzata dalla Purità.
Terminato il digiuno della Settimana Santa, Gallipoli si tuffa nel giorno di Pasqua: dalla “capuzza” di agnello a “pupa e panaru” per i più piccoli.
Vediamo ora qualche piatto tipico pasquale. Dopo aver fatto astinenza dalla carne per tutta la Settimana Santa, il giorno di Pasqua si pranza con diverse pietanze in cui la carne fa da regina.
Tra i piatti tipici di questo giorno santo vi sono: il brodo con i millaffanti ossia una sorta di grattata di pasta fatta con uova e semola sbriciolata guarnita con del pecorino, prezzemolo tritato e pepe. Lo spezzatino di agnello, l’agnello arrosto, la capuzza di agnello, gli ’mboti, quindi tutto ciò che torna al simbolo dell’agnello che rappresenta il Cristo immolato.
Si consumano anche le uova sode che si raccolgono la sera prima, durante la notte del sabato Santo quando si va alle cosiddette ove suonando e cantando Lu Lazzarenu (canto tipico salentino che narra la storia della passione di Gesù). Dolci tipici sono invece la pupa per le bambine e lu panaru per i bambini, ossia delle forme di pasta frolla molto povera, con pochi grassi, zucchero e uova.