Dom Rosmi e San Giuseppe da Copertino: una profonda amicizia
La sua grande intuizione fu quella di trascrivere su dieci quinterni, quanto vedesse e sentisse riguardo al Santo dei voli.
a cura di Alessio Peluso
Dom Arcangelo Rosmi, al secolo Marzio, figlio di Giuseppe e Maddalena Evangelisti, era nativo di Assisi. Ebbe due fratelli, Rosmo e Francesco, e almeno una sorella, che compare nei diari il 25 gennaio 1646, come presente all’estasi durante la messa della conversione di San Paolo.
Rosmo Rosmi studia a Perugia e poi a Roma. Diviene sacerdote nel 1611, dottore in teologia nel 1617, canonico della Cattedrale di San Rufino nel 1635, esercitandovi poi l’incarico di canonico – teologo. Fu spesso guida e compagno del fratello nelle prime visite a Fra Giuseppe. Dopo la morte del Santo, prima del processo ordinario, si renderà terziario francescano.
Francesco Rosmi il più giovane, studiava legge a Roma nel 1647. Gravemente malato, una volta, i due fratelli fecero ricorso all’intercessione del frate carismatico, che ne profetizzò la guarigione e la morte. Già dottore in legge morì nel 1650.
Dom Arcangelo Rosmi devoto, sincero e intelligente, ascolta, medita e inizia le sue periodiche visite, generalmente al giovedì. Ebbe l’idea di appuntare in alcuni quinterni (che saranno poi dieci) quanto vedesse e sentisse di quest’uomo. Era il giugno 1645.
Aveva probabilmente assistito al fenomeno dell’estasi il giorno della Maddalena, dell’Assunta e della Santa Croce, ma quando Fra Giuseppe, il 20 settembre volle narrargli in confidenza quanto avvenuto il dì delle stimmate e la notte precedente avanti l’altare di San Francesco, decise di stendere a parte il racconto di tali mirabilie, in alcuni quinterni che intitolò Ratti.
Dom Rosmi e i “Detti notabili” di San Giuseppe.
Con un breve sunto dei fatti precedenti, inizia così il suo secondo diario con la festa di San Francesco del ’45. Lo interromperà nel 1648, data della sua partenza da Assisi. Fra Giuseppe lo sentiva come amico sincero, guida dotta e sostegno sicuro.
Anche il Nuti nella biografia ufficiale potrà scrivere: “Egli amava grandemente il padre abbate, non tanto per le sue buone qualità, essendo un buonissimo religioso, ma perché era un uomo di gran fede e perciò lo chiamava Centurione”. Anche dom Rosmi confessava pubblicamente di amarlo svisceratamente.
Attento agli insegnamenti di quell’anima infuocata, dom Arcangelo mise mano nel 1646 ad un terzo diario intitolato Detti notabili. Durante il periodo natalizio, della quaresima e soprattutto della Passione, numerose le visioni che l’abate decise di riordinare in Meditazioni del padre Giuseppe ma non interamente scritte.
Successivamente ritornò ai Detti notabili. Tra i tanti appartenenti a San Giuseppe da Copertino ricordiamo: “O sei oro, o sei ferro: se oro sei la tribulazione ti raffina; se ferro, la tribulazione ti diruginisce”.
Nella foto la tomba di San Giuseppe custodita ad Osimo.
Bibliografia: “I tre diari dell’abate Rosmi su San Giuseppe da Copertino”, Gustavo Parisciani.