“Le fontane”, dove dissetarsi e incontrare l’amore
Un luogo intriso di un dolcissimo romanticismo. E la foto che segue in basso era a pochi passi dalla chiesa, nel centro di Porto Cesareo negli anni ’40.
La Redazione
Ai visitatori del Salento, non sarà passata inosservata la presenza in alcuni angoli di paese, delle cosiddette “funtane”, fontane in italiano. Un tempo erano vitali, perchè non tutti avevano l’acqua potabile dentro casa e la popolazione ne faceva grande uso. Erano molto tipiche e fungevano anche da ornamento al paese. E’ presso queste fontane che le donne, più volte al giorno, sole oppure in gruppo, arrivavano ad attingere l’acqua fresca “cu la menza”; il celebre recipiente di lamiera zincata, molto somigliante al contenitore adatto per cucinare o bere.
Le giovani e piacenti donzelle di allora canticchiavano canzoni come “Fiorellin del prato“, mentre stavano in attesa che lo zampillo d’acqua chiara riempisse i loro recipienti. Era un luogo di unione, intorno al quale si creavano piccoli progetti futuri, dove si articolavano graditi incontri di affari tra contadini; poi momenti di gioco per i bambini e lunghe conversazioni tra le allegre comari.
In questo luogo, saltavano fuori il meglio e il peggio delle persone. A seconda che qualcuno dei presenti scivolasse in discorsi che, alla fine, potevano sfociare anche in insulti. Giungevano “cu dò menze”, ossia due recipienti di lamiera zincata, poi le poggiavano per terra in attesa del proprio turno per poterle riempire.
“Le fontane” di un tempo: dalla nonna in nero alle giovani donne.
Il vestiario era quello particolare delle nonne, eternamente con abiti scuri, o neri, talvolta scoloriti dall’usura, con l’immancabile “mantera”, il grembiule. L’atteggiamento un po’ dimesso, sia per la grande stanchezza sia per l’impegno gravoso.
Nel sole cocente di agosto poi, i bambini si bagnavano ridendo, senza pericolo di ferirsi, animati solo dalla precisa idea di giocare tra gli zampilli. I pantaloni ben rincalzati sopra le ginocchia, per prendersi il guizzo di refrigerio. Le funtane erano le discrete testimoni di tanti segreti del cuore e dei primi baci di giovani innamorati. Così con la buona scusa di andare a prendere l’acqua, prendevano appuntamenti brevi, ma intrisi d’amore.
Per le giovani donne, andare alla fontana era un modo per farsi notare da qualche ragazzo cui, immediatamente, veniva l’arsura e sentiva di doversi dissetare proprio in quel momento. Si avvicinava, metteva le mani a coppa, si sciacquava la faccia e poi beveva con gusto. Nessuno parlava, ma i due avevano fatto contatto con gli occhi e nel silenzio nasceva una storia.
Tratto dal libro: “Amarcord Salentino – Usi e costumi d’altri tempi”.