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Tito ha toccato la luna: 21 luglio 1969

Dall’infanzia ai dialoghi, ai sogni condivisi con i genitori, poi divenuti realtà. Un personaggio storico rivisitato attraverso l’immaginazione dell’autore.

a cura di Raffaele Colelli

Tito fin da bambino era stato incantato dalla luna. Tito tutte le sere camminava mirando alto lo sguardo su nel cielo. E per questo spesse volte inciampava tra le sterpaglie disordinate che crescevano ai margini dello stradone sterrato che conduceva su nel borgo di montagna dove viveva con i suoi genitori; otto fratellini, tutti più piccoli di lui, e le cinque galline le quali avevano adottato un piccolo ciuco di nome Pico.

Tito, nelle sere nuvolose, sperava di scorgere la faccia buffa della luna tra le nuvole e questa, facendo capolino, sembrava prendersi gioco di lui. Oppure l’ammirava nei primi due giorni di ogni mese appena diventava rotonda e piena, ma Tito la preferiva nelle fasi del primo e ultimo quarto, quando la luna era uguale a uno spicchio di melone e lui sognava di poterci sedere in punta e darci un morso.

Spesse volte faceva ritorno verso casa con i pantaloni laceri e le ginocchia scorticate e doloranti. E Guendalina la mamma di Tito era disperata. Per punizione lo rinchiudeva nell’aia tra le cinque galline che dispettose non smettevano di beccarlo e Pico il piccolo ciuco ragliò alla luna per rimproverarla.

Nato sotto il segno della luna.

– Tito tu sei nato sotto il segno della luna – così glielo ricordava con un sorriso la signora Cecia, l’ostetrica del paesino ogni volta che lo incrociava lungo lo stradone sterrato. Tito era nato il 4 gennaio alle ore 18,30. Proprio alla stessa ora in cui la luna divenne tonda – tonda, piena – piena ed era stampata sui lustri della finestra della stanza da letto dove la signora Cecia era presa a monitorare le forti doglie della gestante Guendalina che a breve avrebbe partorito suo figlio.

Tito venne alla luce ma non pianse, voltò lo sguardo verso la faccia paffuta e luminosa della luna, e le sorrise. Una sera, una strana sera, come spesso e con il naso in su scrutava il cielo stellato e s’accorse che la luna era lontana e piccola, così piccola da sembrare un puntino e mandava una luce giallastra e pulsante che non aveva mai visto fino all’ora.

Vicino e a pochissimi metri si era portata minacciosa una stella. – Nooo! – urlò disperato Tito, era convinto che da lì a poco sarebbe avvenuta una catastrofe. La stella sarebbe andata a schiantarsi contro la luna. Senza pensarci su afferrò il povero Pico per le grandi orecchie e ci montò in groppa, dirigendolo verso la parte alta dello stradone sterrato, a controllare più da vicino il tragico evento che secondo lui sarebbe successo a momenti.

Ancora una volta, e con più impegno il piccolo ciuco ragliò così forte contro la luna da interrompere il sonno beato delle cinque galline. E queste prese dallo spavento e dalla gelosia beccarono senza risparmiarsi le già martoriate caviglie di Tito.

Tito e la luna fatta di formaggio.

A letto con le gambe fasciate ci restò per tre giorni, e in quei tre giorni decise che un giorno sarebbe andato sulla luna e capire di cosa era fatta e che sapore avesse. Per questo decise di domandarglielo a suo padre Peppino.

«Papà, voglio andare sulla luna»

«Bravo Tito, io ci sono già andato» rispose il padre

« Davvero Pà? E com’è la luna? E che sapore ha?» ribatté incredulo Tito.

«È fatta di formaggio, Tito, e ha un buon sapore»

«E non puoi farmene assaggiare un po’, Pà?}»

«E, no mio caro Tito, solo chi riuscirà a toccarla la potrà assaggiare»

Allora Tito, deluso lo chiese a sua madre.

«Mà, come faccio ad andare sulla luna?»

«Studiando, mio caro Tito, solo studiando potrai toccare la luna»

Solo studiando si può arrivare sulla luna.

Tito la prese sulla parola. E incominciò a studiare. Studiò da piccolo, poi da giovanotto, da grandicello e infine da grande. Allora pensò di frequentare l’università e partì per Roma dove avrebbe intrapreso la carriera di giornalista.

Tito capì allora che suo padre non aveva toccato la luna e tanto meno che la luna fosse di formaggio e ancora meno avesse un buon sapore. Di tanto intanto Tito ritornava al suo paesino e ogni volta moriva una gallina nel pollaio. Tornò per cinque volte e tutte e cinque galline morirono.

Poi per il dispiacere anche Pico, il piccolo ciuco morì. E quando morirono anche i suoi genitori, e i fratelli decisero di andare ognuno per conto loro e per la propria vita, abbatterono la vecchia casa della sua infanzia e al suo posto costruirono un altissimo grattacielo. Ma Tito pensò che quel grattacelo era inutile. Non aveva toccato la luna.

Allora incontrò Stella e la sposò anche se era deluso, lui avrebbe preferito che la moglie si chiamasse Luna. Ma poi qualche anno dopo riscattò la sua delusione chiamando Luna l’unica figlia.

La storica frase: “Tito ha toccato la luna!”

Tito, da giornalista divenne conduttore televisivo. La sera parlava a tutti gli sportivi della Domenica di pallone e di calciatori. Era stato attratto dalla rotondità perfetta di quella palla che rotolando gli ricordava tanto la faccia piena della luna. Tito era diventato così bravo che gli affidarono a condurre il telegiornale -uno della sera in prima fascia oraria.

Successe allora che un’indimenticabile sera del 21 luglio del 1969 alle ore 22 Tito diresse, con il suo faccione simpatico, il ciuffo biondo e i grandi occhi dietro le spesse lenti dei suoi occhiali, alle genti increduli del mondo intero, la telecronaca diretta dello sbarco degli Americani sulla luna.

E quando il modulo lunare LM – 5 comandato dall’aviatore statunitense Neil Amstrong toccò la luna la voce eccitata di Tito annunciò la storica frase: «Ha toccato! Ha toccato!» Ed è così che “Tito ha toccato la luna”.

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