Grazie Burgnich, sei stato una roccia!
a cura di Raffaele Colelli
Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarnieri: non passava nessuno! Tarciso Burgnich era parte della “catenacciara” difesa della mitica Inter degli anni Sessanta. Lui era “La Roccia”, quasi sempre vani risultavano gli attacchi degli avversari contro il suo fisico arcigno e granitico. Legato da tempo memorabile al club nerazzurro con cui ha conquistato quattro scudetti, due coppe dei Campioni e due coppe Intercontinentali, sotto la guida dell’allora allenatore spagnolo Helenio Herrera, detto “Il Mago”.
Sessantasei furono le presenze in Nazionale dove divenne nel 1968 campione d’Europa proprio in Italia e nella capitale. Due anni più tardi e precisamente il 17 giugno 1970, presso lo stadio Azteca, a 2.200 metri d’altitudine fece parte della formazione azzurra che nel Mondiale messicano incontrò in semifinale la Germania. La squadra azzurra si aggiudicò la partita con un rocambolesco punteggio di quattro goal a tre; una delle reti fu segnata al quarto minuto del primo tempo supplementare da Tarcisio Burgnich, entrando con merito nella storia, anche perché quell’incontro fu giudicato la partita del secolo, ricordata con una targa commemorativa affissa nello stadio di Azteca.
Quattro giorni dopo in finale ci aspettava il Brasile del fortissimo Pelé. In quell’occasione toccò proprio a lui, al nostro arcigno difensore, contrastare i pericolosi attacchi del fuoriclasse brasiliano nel pieno della sua maturità calcistica. Ricordo molto bene quella sera, avevo quattordici anni ed era la prima finale mondiale della nostra nazionale che vedevo in televisione. Estremamente emozionato decisi di seguire la partita nel salotto buono del mio amico Vincenzo, che abitava a pochi passi dalla casa dei miei genitori.
La sera prima un giornalista sportivo del Tg Uno intervistò Burgnich per sapere come fosse il suo stato psicologico, visto che toccava a lui marcare il grande Pelé. “E’ fatto di carne ed ossa come tutti gli altri” fu la risposta decisa e sicura, come d’altronde era il suo carattere. Tutti gli italiani ascoltando quelle parole erano convinti che senza ombra di dubbio ce l’avrebbe fatta, anch’io avevo preso fiducia, certo che il grande Pelé non sarebbe riuscito a espugnare la nostra porta difesa da Albertosi.
Purtroppo non fu così: al diciottesimo minuto del primo tempo Pelé volò in cielo e lì ci restò per alcuni minuti segnando di testa e portando in vantaggio il Brasile. Il nostro Tarcisio riuscì a seguirlo fino a una certa altezza, per poi arrendersi impattando sull’erba bagnata. Lo sguardo frastornato, perso nel vuoto, inquadrato da uno dei cameraman giunse dritto sugli schermi di tutto il mondo, forse anche dell’intero universo.
Non provai delusione e tanto meno compassione per quell’uomo accovacciato sul terreno di gioco, ma solo rispetto e ammirazione per il coraggio e l’impegno che aveva profuso fino a quel momento, combattendo colpo su colpo con grande lealtà. Fosse stato possibile lo avrei aiutato a rialzarsi ringraziandolo a nome di tutto il popolo Italiano.
Così il 26 maggio 2021 ci lascia all’età di 82 anni Tarcisio Burgnich “La Roccia”, un grande calciatore, un fortissimo difensore, ma soprattutto un vero uomo nel senso più etimologico della parola. Grazie Burgnich per le emozioni che ci hai regalato, fai buon viaggio!