Tragedia a Porto Cesareo il 9 Aprile 1926
Fu una Pasqua di profondo dolore, che i più anziani hanno impresso per sempre nella loro memoria.
a cura di Alessio Peluso
“Il mare incanta, il mare uccide, commuove, spaventa, fa anche ridere, alle volte sparisce, ogni tanto, si traveste da lago, oppure costruisce tempeste, divora navi, regala ricchezze, non dà risposte, è saggio, è dolce, è potente, è imprevedibile.”
Descrizione più che mai veritiera quella di Alessandro Baricco, che ci introduce all’interno di una storia drammatica quanto difficile da raccontare. Il mare fonte di croce e delizia nel giro di pochi secondi. Lo sa bene Porto Cesareo, lo sanno ancora meglio i tanti esperti pescatori della nostra comunità.
Bisogna compiere un balzo all’indietro di 95 anni, esattamente a quel 9 aprile 1926. Sei pescatori avevano trascorso vari giorni in mare per la consueta battuta di pesca. Finalmente con l’arrivo del Giovedì Santo e l’avvicinarsi della Pasqua avevano deciso di tornare a casa.
Lungo la via del ritorno il cielo era diventato particolarmente minaccioso, con l’arrivo del vento calabrese che aveva messo in agitazione le onde, preludio al vento di ponente, particolarmente pericoloso in queste situazioni.
E’ zona “Sciale luengu” il posto dove la tragedia per Porto Cesareo si materializza.
Si trovavano in località “sciale luengu” (per i meno esperti del mondo marino, nei pressi della spiaggia di Punta Grossa), quando un’onda terribile fece letteralmente capovolgere l’imbarcazione.
Antonio Indirli 16 anni, Enrico Cazzella 24 anni, Giuseppe Peluso (di Rocco) 31 anni e Cosimo Damiano Rizzelli 32 anni tentarono disperatamente di raggiungere la riva a nuoto; ma il loro tentativo fu vano. Intanto il 21 enne Rocco Zecca, non sapendo nuotare, si aggrappò ai resti della barca assieme al piccolo Giuseppe Peluso (di Francesco) di 11 anni.
Cominciarono insieme un’interminabile battaglia sospesi tra la vita e la morte, con un dolore atroce per la perdita dei loro compagni. Era sera, quando finalmente Rocco Zecca si avvicinò agli scogli; ma in quell’istante il piccolo Giuseppe mollò la presa stremato dalla fatica e le onde lo inghiottirono.
Rocco, l’unico superstite, cominciò il suo lungo cammino verso la masseria Colarizzo e lì trovò assistenza e ristoro. Poi il momento del ritorno a Torre Cesarea. Una folla numerosa attendeva la sua testimonianza e si strinse intorno al dolore delle famiglie, più che mai vivo a quasi un secolo da quell’immane tragedia.
Nell’immagine sopra l’unico sopravvissuto alla tragedia che coinvolse Porto Cesareo, Rocco Zecca. È una foto scattata a distanza di un mese dall’accaduto.