CALCIO CESARINO

Calcio Cesarino e gli anni ’50 sui campi della Korea e della Santina

a cura di Alessio Peluso

Cosimo Rizzello, Antimo Rizzello e Antonio Martina rappresentano il cuore pulsante di una testimonianza viva, che traspare negli occhi. A loro affido la ricostruzione del calcio cesarino anni ’50. Due i campi principali in uso che riportiamo in ordine prettamente cronologico. Al primo già noto “Campu di la Korea”, si aggiungerà “Lu Campu di la Santina”, che prende il nome da un’antica bottega alimentare, molto conosciuta nel nostro paese.

Entrambi avevano caratteristiche simili, riscontrabili nella terra, nella polvere, nelle pietruzze, nelle buche, poiché erano terreni dove si zappava e si coltivavano i lampascioni. Differenza particolare e curiosa allo stesso tempo, la si nota nel campo della Santina, in quanto in prossimità della linea laterale di destra, vi era la presenza di un palo della luce in mezzo al campo. Anch’esso involontariamente prendeva parte alla contesa, ostacolando o interrompendo la corsa dei giocatori.

Cosimo Rizzello.
Nell’immagine un Cosimo Rizzello nel pieno della maturità.

L’abbigliamento potremmo definirlo abbastanza casuale, le divise rappresentavano una chimera e distinguere i compagni di squadra dagli avversari era un problema quotidiano.

Tanti i nomi che costituiranno il Porto Cesareo del futuro.

Nelle innumerevoli sfide erano coinvolti numerosi giocatori che costituiranno per buona parte il Porto Cesareo negli anni a seguire. Da Nino Minnella a Cosimo Rizzello, entrambi portieri, passando per i difensori come Salvatore D’Andria, Sergio Ricciato e Pietro Latino, a cui si aggiungeva il cosiddetto libero Antimo Presicce. Aggiungiamo all’elenco Federico Calasso mezz’ala, Alfredo Calasso regista davanti alla difesa e Cosimo Calasso esterno. Tra gli attaccanti a disposizione, Gregorio Indirli, Francesco (Ciccio) Latino e Achille Spagnolo. Tutte sfide in tono amichevole o al massimo rionale, ma comunque accese.

Il merito e la bravura dei tanti nomi citati (qualcuno sarà sfuggito inevitabilmente), va anche ricercato nel modo in cui si giocava. Infatti, la mancanza di scarpe è un anello di congiunzione inconfondibile con il precedente triennio 1949 – 1951. I piedi dei calciatori assumevano i contorni di vere e proprie rocce, abituati a sopportare ogni tipo di contrasto, dolore, soprattutto se ci si sofferma su altri modi singolari con cui si creava il pallone.

Partiamo dall’affascinante ricostruzione di Cosimo Rizzello, il quale narra di molti stracci (da lui chiamati comunemente pezze) appallottolati con corde di fortuna. In alcune occasioni con i più familiari calari, corde usate dai pescatori cesarini. Immaginiamo lo sforzo a cui venivano sottoposte le povere dita…

Cosimo Rizzello, tra i protagonisti del Calcio Cesarino.
Nell’immagine sopra, Cosimo Rizzello, impegnato nella sistemazione delle reti da pesca.

Calcio cesarino anni ’50: due versioni a confronto.

Altra ricostruzione invece, quella di Antonio Martina, il quale ci riporta con il pensiero ad un pallone che veniva gonfiato e chiuso con un comune spillo. Questo non era sufficiente, per cui si usavano spesso i lacci delle scarpe, che venivano annodati e creavano non pochi impicci sulle palle aeree. Possiamo affermare che gli anni ’50 nel calcio cesarino si snodavano in questo modo, molto genuino e spontaneo di vivere lo sport.

La conferma è nelle parole dello stesso Cosimo Rizzello, che a cavallo tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60 si incaricherà di portare nel nostro territorio le molte scarpe, donate da società quali Leverano, Veglie e Campi Salentina.

Lo sforzo e il sacrificio compiuto per lo spostamento con la sua amata Bianchina dell’epoca, risulterà nella maggior parte dei casi vano, in quanto quasi tutti i giocatori erano abituati oramai a giocare scalzi e senza protezione. Impensabile oggi tutto questo, qualcosa di ordinario in quel decennio, in cui Porto Cesareo stava costruendo le fondamenta del suo futuro calcistico. 

Nell’immagine sopra il trio dirigenziale del calcio cesarino: a partire da sinistra Cosimo Rizzello, Antonio Martina ed Antimo Rizzello.

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