Calcio Cesarino 1949 – 1951: un triennio inedito
a cura di Alessio Peluso
Non ci avrei scommesso un centesimo, eppure è così. Considerando che la fine della Seconda Guerra Mondiale avviene nel 1945, avevo ipotizzato un calcio cesarino sbocciato tra il 1955 e il 1960. Invece no! La lunga trafila di incontri con i personaggi cesarini, per un po’ di tempo ha confermato la mia ipotesi, fino al momento del ricordo di Giuseppe Fanizza, presidente della Cooperativa Pescatori dello Jonio.
È una mattina calda e soleggiata quando mi accoglie nel suo ufficio, tra una scrivania, qualche dépliant, alcuni quadri molto retrò e un biglietto che custodisce gelosamente tra le mani. Comincia a leggerlo come se fosse una leggendaria formazione del passato: Salvatore D’Andria portiere, così come Rizzello Salvatore, meglio conosciuto come Uccio; tra i difensori Giovanni Presicce, mastino duro e difensore d’altri tempi; a centrocampo Rocco D’Andria e Francesco (Ciccio) Latino ala destra. Infine via alla sagra degli attaccanti: da Giuseppe (Pippi) Rizzello a Giovanni Nicolcenkov, da Gregorio Indirli a Salvatore (Totò) Muci.
E a primo impatto si nota una carenza evidente di centrocampisti e difensori, giustificata dal fatto che il calcio cesarino 1949 – 1951 si caratterizzava per un modulo ultra – offensivo, ovvero uno spregiudicato 2 – 3 – 5. Questi aitanti ragazzi scendono in campo nel triennio che va dal 1949 al 1951, sul primo terreno di gioco a Porto Cesareo, chiamato “Campu di la Korea”, situato in via Riccione.
Palloni di fortuna e iscrizione ufficiale ancora lontana.
La più classica zona di campagna dalla forma rettangolare, trasformata ed adibita a campo da calcio, con tutti gli inconvenienti del caso. Terreno sconnesso, buche, strane deviazioni di un pallone, lontano parente di quello che conosciamo oggi.
Al suo interno infatti c’era la “camera d’aria” proprio come una bicicletta, che bisognava gonfiare e richiudere con l’ausilio di lacci di fortuna, i quali risultavano schegge impazzite nell’impatto aereo. A poco serviva ungere dell’olio, quando la sfera prendeva velocità. Il suo colore era marrone e risultava molto più grosso, rispetto ai palloni che noi oggi, siamo abituati a vedere.
La formazione cesarina non era iscritta ufficialmente ad alcun campionato, ma semplicemente praticava lo sport come passione pura. Non vi erano altri momenti di aggregazione particolare in quel periodo, eccezion fatta per il giorno del matrimonio, i classici racconti dei nonni ai nipoti davanti alla luce di una candela, o nel migliore dei casi, avere in casa la fisarmonica o una chitarra, per poter cantare e ballare insieme. Il calcio però faceva storia a sé e svuotava ogni domenica l’intero paese.

Calcio cesarino 1949 – 1951: le prime sfide con formazioni fuori dai confini locali.
Le sfide che inizialmente restavano nel contesto cesarino, si allargarono con l’arrivo di squadre come il Leverano, Copertino, Squinzano, Juventina o Pro Patria Lecce, attirate dai “Delfini Azzurri”, perché così si facevano chiamare in questo periodo. Oltre alla bravura tecnica, i Delfini avevano una caratteristica unica rispetto alle altre formazioni, incuriosite da quel gruppo di marinai – calciatori, che in gergo locale venivano definiti li squasati. In effetti, mentre le altre squadre erano già attrezzate con divise e scarpe, i cesarini vendevano cara la pelle giocando scalzi e con un abbigliamento precario.
La divisa ufficiale di riferimento per il calcio cesarino 1949 – 1951 in molte occasioni, era il maglione della marina militare. Passeranno alcuni anni prima che un giocatore cesarino indossi le scarpe. Il primo in assoluto, per la cronaca, fu Francesco “Ciccio” Latino, il quale resistette solo un tempo, poi scelse di continuare la sfida scalzo. Questo conferma quanto fosse radicata questa abitudine nella formazione dei Delfini Azzurri.
La guida tecnica era affidata a Pinuccio Petrarota, originario di Ruvo di Puglia, conosciuto a Porto Cesareo, per aver avuto anni or sono, il noto Bar Nautilus. Il nome faceva riferimento a un sommergibile varato per la prima volta dalla Marina degli Stati Uniti nel 1954.
Francesco Latino e quel gol da cineteca…
Emergono alcuni aneddoti sportivi incredibili, dalla preziosa testimonianza di Giuseppe Fanizza. Rimango sorpreso nel riscontrare come anch’egli, al tempo adolescente, ricordi ancora con chiarezza ed impatto emotivo un gol da cineteca siglato da Francesco “Ciccio” Latino, rapidissimo ed ambidestro.

Così in una delle sfide amichevoli disputate contro una compagine neretina (Nardò), Latino calciando un corner dalla destra, riuscì ad insaccare il pallone in rete, colpendolo con l’esterno destro. Già solo immaginarlo un colpo del genere è da veri fenomeni, per realizzarlo è fondamentale una proprietà tecnica non comune.
Personalmente ho avuto la fortuna di aver incontrato Latino in più occasioni, nelle quali spesso e volentieri mi raccontava questa marcatura impressa nella memoria. Averla ritrovata nelle parole di Giuseppe Fanizza è stato emozionante, in quanto lo stesso Latino ha lasciato il nostro mondo nel marzo 2020.
Porto Cesareo non effettuava trasferte, eccezion fatta per due sole amichevoli disputate a Leverano. In entrambi i casi onorevole sconfitta per 2 a 0, considerando il fatto che il Leverano navigava già in Prima Categoria, con buoni risultati. Il calcio cesarino 1949 – 1951 proseguiva così il suo percorso di crescita.
Calcio cesarino, il rocambolesco confronto con il Carmiano.
Tra le partite rimaste negli annali, spicca sicuramente Porto Cesareo – Carmiano: gli ospiti giunti nel nostro paesino con tanti confetti, poiché dovevano partecipare a un matrimonio. Avevano divise invidiabili e gran parte dei cesarini temevano una brutta batosta. Il campo invece smentì i sentori della vigilia e dopo appena 20′ di gioco i Delfini Azzurri si portarono sul doppio vantaggio.

Prima Gregorio Indirli, poi capolavoro balistico di Giuseppe “Pippi” Rizzello, il quale calciando con forza da centrocampo, aiutato dal vento favorevole e dalla dea bendata, sorprese il portiere avversario. Il pubblico era in delirio e alla fine del primo tempo i cesarini non credevano ai loro occhi.
Purtroppo nella ripresa, la differenza tecnica venne fuori e il Carmiano ribaltò il match, vincendo 4 a 2. La delusione fu cocente ed è percettibile a distanza di 70 anni nel tono di voce di Giuseppe Fanizza. Una rabbia e un dispiacere che i tifosi dei Delfini Azzurri, fecero fatica a digerire. Smaltita la beffa la formazione cesarina proseguì il suo percorso calcistico, continuandosi ad allenare durante la settimana, facendo convivere gli impegni lavorativi della pesca con gli allenamenti, che si tenevano in varie zone.
In primis nell’attuale piazzale della Pro Loco, dove si calciava e si tirava senza troppe remore. Questo modo di fare, non era ben visto dall’allora capoguardia del nostro paese Egidio De Monte. Spesso era costretto a sequestrare il pallone per evitare guai peggiori. In alternativa ci si allenava lungo la “Riviera di Ponente”, a pochi metri dal mare.
È il 1951 l’anno in cui si conclude il triennio d’oro del calcio cesarino iniziato nel 1949. Molti dei protagonisti citati catalizzeranno l’intero decennio, di cui parleremo nel prossimo capitolo.
Nella foto in alto Giuseppe Fanizza, Presidente della Cooperativa Pescatori dello Jonio.