La cripta del Padre Eterno
a cura di Vanessa Paladini
La Chiesa di Santa Maria della Grotta (ovvero Cripta del Padre Eterno) è menzionata tra le chiese che dipendevano dall’abbazia di San Nicola di Casole, come si evince da un inventario redatto il 25 aprile 1665 dal notaio Carlo Pasanisi, conservato nell’Archivio di Stato di Lecce e studiato da Ferrante Tanzi. La cripta è interamente scavata nella roccia e il suo accesso si deve ad un unico ingresso costituito da una piccola scala.
La pianta del tempio è a croce greca, divisa in tre navate. Il soffitto, con volte a botte, in origine forse doveva comprendere una cupola. All’interno della struttura si individuano un altare principale, due laterali e un sedile in pietra dirimpetto all’altare che permetteva e invitava i cristiani a sedersi per meditare e pregare. Nell’abside centrale, infatti, era affrescata l’immagine del Padre Eterno, anche se numerose sono le raffigurazioni di Santi, soprattutto quelli indicanti il passaggio dal rito greco al rito latino.
Di fattura orientale sono: una Vergine con iscrizione greca 1556 e due Vergini col Bambino. La veste di una delle due Vergini reca un classico decoro a otto punti. Una certa Maria, forse la committente di quest’opera, si fece ritrarre accanto alla Vergine, in preghiera e in proporzione molto più piccola. Tra gli affreschi di rito latino si identificano: San Francesco di Paola e una processione, certamente suggestiva, di incappucciati penitenti tipica del XVI secolo.
La cripta del Padre Eterno dovrebbe risalire al secolo XI-XII, quando il monachesimo italo-greco era fiorente in Otranto e ancora oggi, gli affreschi rimasti sono accompagnati dai graffiti di pellegrini che, nel corso dei secoli, hanno lasciato qui il loro passaggio.