TERRA NOSCIA

Il caffè, “Bevanda del diavolo”

a cura di Massimo Peluso

“Posso offrirti un caffè?” oppure “Preparo il caffè?”. Chissà quante volte le abbiamo proferite queste parole o ce le siamo sentite dire: ebbene, parlare di caffè vuol dire parlare dell’italianità nel mondo, nonostante sia una bevanda non originaria del bel Paese e scoperta in Africa, molto probabilmente in Etiopia intorno al X secolo. La leggenda ci racconta di un pastore, il quale portando spesso a pascolare il gregge tra gli alberi di Coffea, nome della pianta da cui si ricavano i chicchi, si accorse di come gli animali trovavano vitalità dalle foglie dell’arbusto e da qui partì la coltivazione domestica, che addobbava verande e giardini.

Successivamente, grazie agli egiziani, la bevanda a base di caffè si diffuse in tutto il Medio Oriente, facilitato anche dal divieto islamico sulle bevande alcoliche. Infatti, la diffusione dell’islamismo da lì in poi sarà la fortuna di questa bevanda che approderà intorno al XVII secolo in Europa, utilizzata anche in ambito medico. Bisogna ricordare le divergenze religiose legate ad essa: le autorità religiose musulmane o i monaci sufi lo utilizzavano durante i riti religiosi; quelle cristiane definivano il “vino d’ Arabia” come la “bevanda del diavolo”.

Oggi ovviamente, il caffè è parte irrinunciabile della vita quotidiana dell’italiano medio, bevuto al bar o fatto alla moka poco cambia, se non dal punto di vista della cremosità e della consistenza dell’aroma. Certo che per bere un buon caffè è necessario avere a disposizione una buona miscela e seguire alcune regole, come non lavare la moka con il detersivo o non riempirla oltre la valvola di sicurezza. Il resto sta nel gustare a fondo una bella tazzina di caffè, magari in buona compagnia e sfruttare così a pieno le proprietà tonificanti del caffè all’ italiana.

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